Lug
05
2014

IL PICCOLO SAI BABA : COME CENERENTOLA

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Cari amici, oggi vi propongo un altro capitolo tratto dal libro che ho scritto, intitolato: “Il Piccolo Sai Baba” (Edizioni Mother Sai Publications).
Tuffiamoci ancora nell’infanzia del nostro Adorato Maestro! Buona lettura!

Dio assume una forma umana
per servire e sostenere l’umanità.
Io sono il vostro servitore,
non il padrone.
Baba

Il Piccolo Sathya, a Uravakonda, viveva insieme al fratello presso alcuni parenti i quali, anche se poco disposti, non poterono rifiutare di accogliere il Ragazzo, per gli obblighi di parentela che li legava alla famiglia di Venkappa Raju che in quel momento si trovava in difficoltà economica. Ma questi parenti Lo accolsero malvolentieri e Lo trattarono male.
Senza curarsi della Sua esile costituzione fisica, Lo sottoposero ad un pesante lavoro per rifarsi delle spese che dovevano sostenere per Lui.
Presso di loro viveva già un’altro membro della famiglia Raju, ricco e rispettato. Essendo questi più adulto di Sathya, in sua presenza non osavano maltrattare il Ragazzo, anzi mostravano, con ipocrisia, di prendersi affettuosamente cura di Lui.

Quando il paese fu colpito dalla siccità affidarono a Sathya il gravoso compito del rifornimento idrico. Per procurare I’acqua, Egli doveva recarsi all’unico pozzo che dava acqua potabile e che distava a circa un chilometro dall’abitazione. Sathya faceva quel percorso almeno sei volte al giorno, reggendo sulle spalle un bastone, con un secchio appeso ad ognuna delle due estremità.
Placava così la sete della famiglia con cui abitava, che quella di due famiglie vicine.
Gli era stato dato anche il compito di trasportare pesanti carichi di legna, dalla foresta fino a casa.
Il Piccolo Sai lavorava incessantemente, senza aver mai un minuto libero.
Quando tornava in visita a Puttaparthi, Iswaramma Gli ungeva la testa ed il corpo con un olio curativo che rendeva i muscoli più forti ed elastici, poi Lo risciacquava con una vigorosa doccia calda e sapone di cocco.
Un giorno sua madre notò che Sathya aveva un grosso livido sulla spalla sinistra ed una striscia di pelle indurita; ma anche se premeva sulla parte bluastra, Sathya non mostrava dolore. Anche sul resto del corpo vi erano molti lividi, che dimostravano come fosse stato più volte picchiato con un bastone. Infatti, anche se lavorava senza sosta, suo zio Lo picchiava senza pietà e senza nessun motivo. Una volta Gli tirò uno schiaffo così forte che la guancia si gonfiò. In più non gli davano mai abbastanza cibo; così Sathya era ancora più magro del solito.
“Come hai fatto a procurarti questo grosso ematoma?”, chiese Iswaramma al Figlio. Egli in risposta si mise a ridere, ma quando la Mamma insistette, disse che forse era dovuto al bilanciere di legno, che era solito appoggiare sulla spalla per trasportare i secchi d’acqua.
“Tu devi venire via di là! Loro sfruttano la Tua bontà e il Tuo desiderio di aiutare tutti. Perché devono dipendere solo da Te per procurarsi I’acqua?”.
“Questo è il Mio dovere, Mamma! Quanto pensi che potrebbero sopravvivere dei bambini con dell’acqua salmastra? Io sono felice di percorrere quella distanza per trasportare I’acqua della Vita! Io sono venuto per fare questo servizio, Mamma!”.
Egli non si lamentò mai, sopportò povertà, avversità e fatiche in silenzio, senza mai protestare.

Nella casa vi era una sedia a dondolo. Una sera, Sathya, dopo aver finito i Suoi pesanti lavori, vi si sedette e tutto contento prese a dondolarsi spensieratamente. A vederLo, il cognato di Suo fratello, furente Gli gridò: “Ehi marmocchio! Che insolenza è questa? Chi Ti ha dato il permesso di sederTi su quella sedia preziosa e dondolarTi avanti e indietro, come un maharajah? Alzati e vai via di qua!”.
Sathya, che voleva incominciare a rivelarSi, rispose: “Sta per arrivare il giorno in cui Io sarò un maharajah seduto su una sedia d’argento. Tu vivrai per vedere quel giorno”.
Queste parole adirarono ancora di più l’uomo: “Tu e le Tue millanterie di piccolo commediante! La Tua famiglia non sa come tirare avanti e Tu vieni a parlarmi di troni d’argento!”.
L’uomo dovette fermarsi, perché nel frattempo era arrivato l’altro Raju, quello ricco e rispettato. Anche Sathya si comportò come se nulla fosse successo, e non rivelò mai ai Suoi familiari la parte peggiore delle molestie e delle umiliazioni subite.

Questo è stato, forse, l’unico caso in cui il giovane Sathya aveva reagito ad un insulto, ma noi sappiamo che ogni Sua parola, ogni Suo gesto, ha sempre uno scopo preciso. Anche questo episodio è stato, quindi, un Suo atto di Grazia per avvicinare sempre più a Sé una pecorella smarrita”, come vedremo in seguito.

Written by amaeguarisci in: Articoli |

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