Feb
15
2014
-

LA POTENZA DELLA FEDE E DELLA DEVOZIONE

prato con fiori Ciao amici!

Ora che ci rendiamo conto di quanto sia importante il nostro pensiero, unito al sentimento,

possiamo comprendere perché Sai Baba dice che Dio si fa schiavo dell’amore, della fede e della fiducia del devoto. Il devoto convoca e Dio va da lui. La devozione è la catena d’oro che, come Sai Baba dice, lega Dio al devoto.

La devozione è anche la medicina più efficace, la vitamina più potente per la nostra salute.

Quando il nostro desiderio di Dio, il nostro amore per Lui è così potente, Egli ci risponde con lo stesso struggimento, con lo stesso ardore con cui noi pensiamo a Lui!

Dio viene descritto come Essere – Coscienza – Beatitudine, è l’Energia Divina che tutto muove e pervade . Egli non è trascendente e lontano ma, come diceva Gesù, alberga nei nostri cuori, come in ogni atomo del Creato.

In realtà, come hanno sempre insegnato i Veda, le più antiche sacre scritture, e come l’Avatar della nostra era ha sempre ribadito, noi stessi siamo Dio e con i nostri pensieri, i nostri sentimenti e le nostre azioni, siamo i co-creatori del nostro destino e del nostro mondo.

Sai Baba ha detto:” Io sono Dio, ma anche tu lo sei.. L’unica differenza fra me e te, è che io so di esserlo, ne ho piena consapevolezza, tu ancora no.”

Non diceva forse Gesù che se avessimo avuto una forte fede avremmo potuto compiere ciò che Lui stesso compiva? 

Un giorno compresi bene le parole del mio Adorato Maestro sulla potenza della fede e della fiducia che attira a noi ciò di cui abbiamo bisogno, semplicemente osservando il mio cane che è stato per me un esempio di vera fede e devozione verso di me.

Quando aveva sete egli si avvicinava al bidet e, scodinzolando, restava silenziosamente in attesa che io aprissi il rubinetto dell’acqua per permettergli di dissetarsi. Io, in quel momento, potevo essere in una stanza lontana dal bagno, ma lui era sicuro che io sarei giunta ad offrirgli l’acqua fresca che desiderava. E così sempre succedeva. Per un motivo o per l’altro mi trovavo spinta a recarmi in bagno (forse telepaticamente percepivo la sua richiesta) e trovavo lui, sempre più felice e scodinzolante, ad aspettarmi.

L’Amato Maestro sempre mi dà occasioni di comprendere attraverso semplici esperienze di vita , il Suo preziosissimo insegnamento, che per me è Oro Puro.

Un altro esempio di piccole esperienze quotidiane, che mi chiariscono Suoi concetti, l’ho avuto un giorno osservando il movimento repentino di una calamita verso un pentolino di Ferro. Finché quest’ultimo si trovava ad una certa distanza dal magnete, non vi fu tra loro attrazione, ma quando avvicinai un po’ di più il pentolino alla calamita, questa fece un rapido balzo verso di lui.

Subito mi tornarono alla mente le parole del Maestro: “Se fate un passo verso di me, io ne farò cento verso di voi.”

Dio, la calamita, non aspetta altro che un nostro movimento di avvicinamento, un nostro sincero desiderio di Lui, una nostra sincera richiesta d’aiuto, per farci percepire, in un istante, la Sua presenza.

Per le anime che sono riuscite a togliere un certo strato di ruggine, le anime che sono sulla strada della purificazione, Dio è davvero un potente magnete, un’attrazione irresistibile!

Molti santi sono stati definiti pazzi e fanatici; ma è molto meglio essere pazzi per Dio , essere “fan” del Signore, che pazzi per il mondo materiale che ci porta, alla fine, sempre all’insoddisfazione.

Dio è contento soltanto quando Lo trattiamo come un amico intimo. Tutti i nostri desideri verranno appagati solo quando tratteremo il Signore come il nostro più caro amico, il prediletto del nostro cuore.

Dice il Maestro: “ Se state vicino a Dio, se Gli diventate cari, avrete il Suo amore e presto tutte le cattive qualità svaniranno, per essere rimpiazzate da quelle buone incarnate da Dio. Ampliate il vostro amore per poter vivere sempre più vicini e più cari a Dio: Il metodo più semplice per avvicinarsi a Lui è quello di ricordarlo in tutto ciò che si vede, in tutto ciò che si dice, e in tutto ciò che si fa. Pensate soltanto a Dio e al modo di essergli più vicino. Aprite a Lui il cuore, dategli il benvenuto con tanto amore e con sentimenti di intima amicizia. Sono purtroppo pochi i devoti che si rivolgono a Dio familiarmente e che possono vantare con Lui un’amicizia molto profonda.”

In una lettera ad una devota (tratta dal libro:” Sai Sandesh” di Sai Usha), Sai baba scriveva: “Mia cara! Ti ho già parlato riguardo questo argomento in un’altra occasione, dicendoti che Io accolgo calorosamente l’intimità fra me ed i miei devoti.

Conosci il comportamento della maggior parte dei miei devoti, cara? Essi mi rispettano, mi venerano e hanno di me grande stima e soggezione.

Ma quanti di loro danzano con me, giocano e corrono insieme a me e mi parlano intimamente, confidandomi ciò che racconterebbero al miglior amico?…”

 

Quando abbiamo come amico intimo il Signore del Creato, in qualunque forma noi Lo adoriamo, che cosa possiamo più temere?

 

Dopo tutta una serie di esperienze che mi insegnarono la potenza della devozione e della fede, compresi l’insegnamento della favola della lampada di Aladino.

Quando la fiducia nel nostro Amato Amico Dio è così potente, è come aver a disposizione la lampada magica! Noi invochiamo il Suo nome (nella forma a noi  più familiare) con amore, entusiasmo e gioia ed Egli è costretto a comparire davanti a noi. C’è chi Lo vede anche con gli occhi fisici, proprio nella forma da lui invocata ed immaginata!

Certamente ad un cristiano che ha sempre adorato la forma della Madonna o di Gesù, Dio apparirà in una di queste forme; ad un induista apparirà la forma di Krisna o di Rama, ad un devoto di dell’Avatar della nostra era apparirà Sai Baba; chi prega la forma di Padre Pio, in quella forma Dio gli apparirà.

Sai Baba dice: “Continuate ad  adorate Dio nella forma a voi più famigliare… Se sei un cristiano, sii un bravo cristiano! Se sei un musulmano, sii un bravo musulmano! Se sei induista, sii un bravo induista!”  Dice anche:

 

C’E’ UNA SOLA RELIGIONE: LA RELIGIONE DELL’AMORE.

C’E’ UN SOLO LINGUAGGIO: IL LINGUAGGIO DEL CUORE.

C’E’ UNA SOLA CASTA: LA CASTA DELL’UMANITA’.

C’E’ UN SOLO DIO: E’ ONNIPRESENTE.

 

Dobbiamo meditare profondamente su queste parole, se vogliamo raggiungere la tanta agognata pace nel mondo.

Finché ci saranno istituzioni religiose che, per ignoranza, continuano a inviare il messaggio di essere le uniche detentrici della verità, gli unici strumenti di salvezza, l’unione fra i popoli rimarrà solo un sogno utopico.

Come si comportarono i sacerdoti di Gerusalemme nei confronti di Gesù?

Perché l’uomo non impara dall’esperienza passata e continua a fare gli stessi errori?  Anche noi cristiani, che siamo stati vittime della persecuzione e dell’ignoranza al tempo di Gesù, e che ancora veniamo perseguitati per la nostra fede, abbiamo spesso la presunzione e la superbia di pensare di essere gli unici che seguono la Verità; ed in questa presunzione non siamo diversi dai nostri persecutori, di allora e di oggi. Quanta violenza per cercare di convertire i popoli di altre religioni! Quanta violenza, sia fisica che psicologica, in nome di Dio!

L’Oceano, cioè Dio, non può amare alcune sue gocce più delle altre. Ogni goccia è l’Oceano stesso. Dio ama Se stesso in ogni sua goccia, in ogni Sua creatura, allo stesso identico modo. Gli uomini buoni di tutto il mondo hanno sempre raggiunto l’unione con Dio, anche prima dell’Avvento di Gesù, e sempre la raggiungeranno, perché solo con l’Amore riusciamo a spalancare le porte della Casa di Dio!

Se siamo autentici discepoli di Gesù Cristo non possiamo tradire il Suo Santo insegnamento, facendo credere alla gente che esiste un noi ed un loro; divulgando un messaggio di separazione e differenza fra i popoli e le religioni. Sentirsi i migliori porta divisione. E’ divino solo ciò che porta all’unità.

Cos’è bene? Cos’è male? Tutto ciò che unisce, tutto ciò che ci porta a sperimentare l’unità di tutto il creato è chiamato “Bene”, perché è l’unica strada che ci conduce a Dio.

Tutto ciò che inganna, separa, tutto ciò che ci impedisce di sperimentare che siamo tutti “UNO” è male, perché ci allontana da Dio.

 

Altre frasi  famose del mio Adorato Maestro sono proprio queste:

 

TUTTO E’ UNO TUTTO E’ DIO.

AMA TUTTI SERVI TUTTI.

In queste due semplici frasi, è racchiuso, in realtà, tutto l’insegnamento metafisico di tutti gli Avatar  e di tutti i maestri spirituali  che si sono succeduti nelle varie ere.

L’Uno si è diviso per diventare i molti (Big Ben). Il nostro mondo è fatto come un ologramma. In ogni più piccola parte c’è il disegno del tutto: il macrocosmo nel microcosmo e viceversa.

In ogni atomo troviamo l’informazione del tutto, come in ogni cellula del nostro corpo c’è l’informazione di tutto il corpo (DNA). La fisica quantistica finalmente ci sta portando all’unione tra scienza e spiritualità, facendoci comprendere sempre più gli insegnamenti di tutte le Incarnazioni Divine che nelle varie ere sono scese per ricordarci la Verità e ricondurci sulla strada maestra che porta a Dio.

Se noi siamo una goccia dell’Oceano, è chiaro che siamo fatti della stessa Sua natura, “a immagine e somiglianza di Dio”.

 

Chi invoca Dio in una qualsiasi forma, in realtà invoca il suo stesso Sé. Pregare, quindi, non è elemosinare qualcosa da una realtà estranea a noi. In realtà noi preghiamo noi stessi.

Ma dal momento che siamo in un corpo fisico, nella dimensione terrestre, dove esiste la dualità: caldo/freddo, bello/brutto, luce/buio, ecc. , è per noi molto più facile adorare Dio in una forma ben definita. Quando Dio si incarna in un corpo umano con tutti i Suoi Poteri Divini, per noi diventa un punto di riferimento sul quale convogliare tutto il nostro Amore.

Se abbiamo una lente d’ingrandimento e ci facciamo passare un raggio di luce, questo diventa così potente da scatenare un incendio. Ecco…L’Avatar è come una lente d’ingrandimento che ci permette, focalizzando su di Lui il nostro Amore, di trasformarlo in un’energia così potente da “bruciare tutto il male”!

Egli diventa per noi l’Amato; e nel rapporto fra amante e Amato, pensando continuamente all’Amato, si risvegliano in noi le qualità divine che sonnecchiano nella profondità dell’anima e sempre più diventiamo simili all’Amato. La devozione è la strada maestra  (come dice la Bhagavad Gita, la Bibbia dell’induismo, e come tutti gli Avatar insegnano) che porta alla conoscenza, alla vera saggezza.

La devozione fa affiorare dal nostro Sé l’onniscienza che gli è propria, come la zangolatura fa affiorare dal latte il burro. Questo è il motivo per cui molti santi, sia del passato sia attuali, sanno anche senza aver studiato. Essi ci dimostrano, con il loro esempio, che davvero siamo un tutt’uno con Dio che dimora nel nostro cuore.

 

E’ stato il nostro ego a farci sentire separati e distanti dal Tutto, come se la goccia dell’oceano si fosse messa dentro un vasetto di vetro ermeticamente chiuso, e non riuscisse a ricongiungersi al resto dell’Oceano. Con le discipline spirituali, con l’amore sempre più intenso verso tutto e tutti, possiamo rompere il vasetto di vetro e ritornare a fonderci con le altre miliardi di gocce: con l’Oceano Infinito.

Questa è solo una semplice metafora che però ben si addice alla comprensione dell’espansione di coscienza che molti santi hanno raggiunto con l’esercizio dell’amore, che li ha portati  alla consapevolezza che siamo un tutt’uno con il Tutto.

Se qualcuno ci schiaccia l’alluce del piede, tutto il nostro corpo percepisce il dolore. Allo stesso modo, se i nostri fratelli e le nostre sorelle soffrono, anche se sono distanti da noi, percepiamo questa sofferenza come inquietudine, malessere; a volte anche percependo lo stesso dolore fisico.

A molti è capitato di fare questa esperienza. E’ capitato spesso anche a me.

 

Un giorno, mentre ero sdraiata sotto l’albero del mio giardino, arrivò la mia gatta che si  sdraiò sulla mia pancia. Io immediatamente sentii un forte dolore al basso ventre. Mi resi subito conto che quel dolore non mi apparteneva, ma era della gatta. Ne ebbi conferma quando, vedendo che perdeva sangue, la portai dal veterinario che mi disse che aveva una grave infezione all’utero,  per la quale fu poi operata.

Altre volte mi è capitato di sentire nel mio corpo il dolore delle persone a me vicine. Una sera ero a cena con un’amica che aveva un dolore al ginocchio destro. Quella notte mi svegliai spesso per un dolore allo stesso ginocchio.

Un altro giorno sentii un dolore ad una spalla dopo essere stata vicino a mio padre che aveva lo stesso dolore.

Ma più che i dolori fisici è più frequente sentire quelli emotivi e mentali.

Quante volte ci assale un’inquietudine, una strana ansia quando stiamo vicino a persone che sono in quello stato? Quante volte percepiamo tristezza, rabbia o nervosismo frequentando persone che sono cariche di questi sentimenti?

 

Ma anche senza stare vicini ad una persona particolare, spesso ci sentiamo poco bene quando succede o sta per succedere qualcosa di grave nel mondo. Diverse volte ho sperimentato un senso di malessere prima di un terremoto o di un altro fatto grave che ha causato morte e distruzione. Ricordo ancora che nel dicembre 2004, prima dello tsunami che sterminò migliaia di persone, il mio corpo soffrì per tre giorni di seguito.

Prima dei terremoti percepisco solitamente un senso di sonnolenza che mi accompagna per tutto il giorno, come se avessi trascorso la notte in bianco.

Ricordo che anche il mio cane, prima dei terremoti, delle trombe d’aria o di forti temporali, tremava di paura e mi svegliava in piena notte per ricevere conforto.

 

Un giorno, quando ancora non avevo capito il motivo di certi miei strani malesseri improvvisi, chiesi a Sai Baba di darmi un chiarimento. Egli mi diede la risposta spingendomi a prendere un libro dalla libreria ed, aprendolo a caso, vi lessi queste Sue  parole: “Come l’animo addolorato è causa di lacrime e sospiri, così il corpo che ti provoca malessere e disagio desidera soltanto trasferire all’esterno ciò che di negativo trattiene. Più ti avvicini a Dio, più il tuo spirito si purifica, simile ad un filtro che attira il male per trasformarlo in bene. Su di te graveranno i mali dell’uomo, ma tu portali a me. Quando incontrerai una persona malvagia che cercherà in qualche modo di nuocerti, invoca me. Quando nel cuore della notte ti sveglierai con tanto male addosso e l’angoscia ti attanaglierà il cuore, sappi che hai offerto il bene in cambio del male e non temere: io ti guarirò. Quando ciò che causa il tuo male è karmico  (dovuto a conseguenze di azioni negative del passato), io non lo cancello perché nel tuo dolore tu possa ancora crescere, ma potrò tuttavia trasformarlo fino a renderlo più sopportabile. Se un dolore fisico ti coglie improvvisamente, se ti duole un arto, la testa o la gola, o se qualche strana febbre ti costringe a letto, spesso sta per accadere qualcosa di molto grave nel mondo. Comincia il giorno con amore, vivi il giorno con amore e termina il giorno con amore: questo, Tesoro mio, è l’unico antidoto che il Dottor Baba offre ai suoi malati, assieme alla vibhuti (cenere sacra materializzata dal Maestro). Tu dici:” Swami ( appellativo con il quale ci si rivolge in India alle Persone Divine e Sante) quante persone hai gia guarito!”. Non sarebbe stato tanto facile per loro guarire nel corpo se non fossero guarite anche nell’anima. La scintilla del miracolo non sarebbe potuta scoccare. Swami asciuga le tue lacrime e non vorrebbe mai veder soffrire coloro che ama, ma talvolta è necessario alla vostra crescita, così come è necessario che soffriate per aiutare gli altri. Io vi dico: Beati coloro che soffrono perché saranno guariti da me e potranno a loro volta operare guarigioni”.

 

Tutte le esperienze di cui ho parlato, mi fecero comprendere che siamo davvero tutte cellule di un unico grande corpo: il corpo di Dio.

Così, la frase famosa di Sai Baba : “TUTTO E’ UNO TUTTO E’ DIO” divenne per me, di giorno in giorno, sempre più comprensibile; come l’altra frase che spesso si legge sui tabelloni per le strade di Puttaparthi (il villaggio dove viveva Sri Sathya Sai Baba) : AMA TUTTI SERVI TUTTI, o la frase storica di Gesù: AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO.

Quando amiamo e serviamo gli altri, serviamo in realtà noi stessi, serviamo Dio stesso che è in ognuno di noi. Con questa consapevolezza il servizio altruistico acquista un altro valore. Non c’è un “io” che aiuta un “altro”. Gli altri sono, metafisicamente parlando, noi stessi, solo con un altro nome ed un’altra forma. Per chi raggiunge questa consapevolezza non può più esistere una forma egoica di superbia nell’aiutare gli altri, proprio perché per lui non esiste separazione fra gli esseri del Creato.

L’Avatar è tornato in questa era per ricordarci questa grande Verità che anche Gesù ci aveva  già ricordato, ma che molti avevano dimenticato.

Ecco che vivere seguendo i valori umani di Verità, Rettitudine, Pace, Amore e Non violenza, diventa per noi, non più una scelta di “buonismo”, ma una necessità imprescindibile, un modo naturale e spontaneo per vivere da autentici esseri umani per vivere nella gioia e nella salute. L’uomo che vive nell’ignoranza di questa grande Verità, fa la guerra a se stesso, non ama se stesso, non aiuta se stesso.

 

Quando scoprii che il mio Adorato Signore era presente sulla terra in carne ed ossa, come successe duemila anni fa, la gioia fu così grande che la mia malattia passò in secondo piano nella mia mente. I miei pensieri, da quel momento, furono talmente concentrati sulla  “buona novella” che sostituii i sentimenti della paura e dell’inquietudine con quelli dell’amore per il Maestro ritrovato. Ogni giorno che passava pensavo sempre meno al mio corpo e sempre più a Dio.

L’abbandono a Dio, il riempirmi d’amore per Lui, furono la mia salvezza, in tutti i sensi.

Ora era Lui a doversi occupare del mio corpo, non più io. Anche se presto compresi che Egli era nient’altro che il mio Sé che, come diceva Sai Baba, aveva fatto un passo fuori dal mio cuore perché io potessi dialogare con Lui e rispecchiarmi in Lui.

 

Questo concetto era già dentro di me a livello inconscio, o forse supercosciente.

Dopo la mia lunga malattia, che mi costrinse immobile a letto per diversi mesi, dipinsi un Essere di Luce con una chioma enorme, colma di fitti riccioli, che mi veniva incontro a braccia aperte. In quel momento io sapevo di dipingere me stessa, il mio stesso Sé. E non fu un caso che il dipinto risultò essere l’immagine di Sai Baba!

Ma questo lo scoprii sei mesi più tardi, perché allora non conoscevo ancora , a livello mentale, l’esistenza di Questo Straordinario Essere Divino che era sceso per aiutare l’umanità in uno dei suoi momenti più delicati: quello del passaggio ad una nuova era.

Dopo che un’amica mi parlò di Lui (piansi di commozione e gioia al solo sentire il Suo Santo Nome!) lessi un libro molto bello  scritto da un sacerdote: Don Mario Mazzoleni che si intitolava: “Un sacerdote incontra Sai Baba”.

Fu solo dopo aver visto la fotografia del Maestro sulla copertina del libro che fui spinta

a recarmi meccanicamente in cantina ed a sfilare, da un plico di fogli da me dipinti ad acquarello, quello dove appariva quell’Essere di Luce.

Attaccai il foglio sulle piastrelle della cucina, pensando che fosse un bel dipinto. Fu solo allora che riconobbi la Sua figura. Un brivido attraversò la mia schiena ed esclamai: “Sai Baba! Sei proprio Tu!”.

Ricevetti conferma di questa scoperta quando, dopo aver incorniciato il dipinto, qualche giorno più tardi, lo guardai e feci questa preghiera: “ Ti prego, Sai Baba, dammi la forza di venire da Te almeno una volta” ( intendevo dire in India, nel villaggio di Puttaparthi, dove risiedeva); dopodiché aggiunsi: “ Sai Baba abbracciami!”.

Non finii di terminare la frase, che il quadro mi cadde sul petto ed io, per non farlo cadere, lo abbracciai!

Rimasi senza parole dallo stupore. La  mente ordinaria incominciò ad indagare, pensando che forse avevo sfiorato il quadro e per questo era caduto. E’ noto che un quadro cade quando il chiodo cede, ma quando mi accorsi che il chiodo era rimasto saldamente attaccato alla parete, compresi che il quadro si era alzato dal chiodo ed era caduto sul mio petto come risposta alla mia fervida preghiera! Sai Baba nel dipinto era, infatti, proprio con le braccia aperte!

 

Da quel giorno i segni della Sua Presenza si susseguirono e furono proprio questi a stimolarmi a scrivere il mio primo libro intitolato: “Il mio risveglio – Una storia vera con Sai Baba” che il Maestro benedisse il 31.7.1999.

Da quel Suo primo abbraccio il mio amore per Lui crebbe ancora di più, portandomi alla consapevolezza che la cura di ogni più recondito angolino del mio corpo era ormai affar Suo, come quella della mia psiche e della mia anima.

 

Sai Baba ci ha sempre ricordato che quando abbiamo fede e fiducia totali in Lui (o in qualsiasi altra Forma Divina), possiamo permetterci di lasciare a Lui ogni nostro fardello, ogni peso, ogni bagaglio. Proprio come quando saliamo su un treno:  finalmente possiamo permetterci di sedere comodamente , senza tenere più le valige in mano, poiché è il treno stesso a trasportarle per noi. Ma ci ammonisce di non fare come quei passeggeri che, non fidandosi di nessuno, se ne stanno in piedi sul corridoio e con i bagagli in mano!

Quanta fatica spetta all’uomo che non sa abbandonarsi a Dio! Come diventa pesante la vita di chi non si decide ad invocare l’aiuto del nostro più Caro Amico!

 

Riporto qui di seguito alcune parole del Maestro sull’importanza dell’abbandono. Queste Sue meravigliose parole sono come una medicina da prendere ogni qualvolta ne sentiamo la necessità. Sono parole che calmano, leniscono il dolore, sdrammatizzano le situazioni, e donano coraggio, gioia e persino entusiasmo, durante le numerose prove della vita:

“ Perché vi agitate? Lasciate a me la cura di tutte le vostre cose. Ci penserò io: Io intervengo soltanto quando saprete abbandonarvi a  me completamente. Io non aspetto altro.

E quando vi abbandonerete a me completamente, non dovrete più preoccuparvi di nulla: lasciate ogni paura, ogni sconforto. Voi dimostrate di non fidarvi di me: confidate in me ciecamente!

Abbandonarsi significa allontanare il pensiero dalle preoccupazioni, allontanare il pensiero dalle difficoltà che incontrate, allontanare il pensiero da tutti i problemi che avete.

Mettete tutto nelle mie mani dicendo: “Signore pensaci tu, sia fatta la tua volontà!”

Che è come dire “Signore ti ringrazio, hai preso tutto nelle tue mani per risolvere ogni cosa per il mio bene maggiore!”

Abbandonarsi non vuol dire preoccuparsi per l’esito delle vostre aspettative, non significa preoccuparsi perché una circostanza ha avuto risultati diversi da quelli che aspettavate.

Così facendo dimostrate di non credere all’amore che nutro per voi, dimostrate di non credere nel fatto che la vostra vita è sotto il mio controllo e che nulla mi sfugge.

Non pensate mai a cosa succederà, a come andrà a finire; se cederete a questa debolezza dimostrerete di non aver fiducia in me.

Volete o non volete che ci pensi io? Allora dovrete smetterla di preoccuparvi voi! Io vi condurrò soltanto se vi abbandonerete completamente a me. E quando devo portarvi per una via diversa da quella che vi aspettereste voi, vi ci porterò con le mie stesse braccia.

Ciò che vi mette in agitazione è la vostra mente, il vostro pensiero, la vostra preoccupazione, il voler provvedere voi a tutti i costi.

Quante volte intervengo quando, per le vostre necessità spirituali e per quelle materiali, la vostra anima si rivolge a me dicendomi .”Pensaci tu!” e poi chiude gli occhi e riposa tranquilla!

Voi riceverete molto soltanto quando la vostra preghiera sarà affidamento totale a me.

Voi nel dolore pregate affinché io intervenga, ma affinché io intervenga come volete voi: non vi affidate a me, ma volete che io mi adatti alle vostre richieste.

Non siete malati che chiedono la cura al medico, ma malati che gliela suggeriscono! Non fate così.

Anche nelle situazioni più tristi dite: “Signore ti lodo e ti ringrazio per questo mio problema, per questa mia necessità. Ti prego di disporre le cose come meglio ritieni opportuno per la vita terrena e temporale. Tu sai cosa è meglio per me”.

Se mi dite realmente: “Sia fatta la tua volontà”, che è come dire “Pensaci tu”, io  intervengo con tutta la mia onnipotenza e risolvo le situazioni più critiche, anche quelle impossibili.

A volte hai l’impressione che la sventura incalzi invece che allontanarsi?

Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia:

“Pensaci tu. Sia fatta la tua volontà”.

Allora ci penserò io e, quando occorre, compirò anche un miracolo. Io penso sempre a voi, ma posso aiutarvi completamente soltanto quando vi affidate completamente a me”.

( Tratto da : Sandhya – Laura Secca – ed. Mediterranee – pagg. 209 e 210).

 

Più pensiamo a Dio, più ci riempiamo di gioia e più i nostri pensieri diventano positivi.

Allora i nostri guai perdono pesantezza. Tutto viene alleggerito, sdrammatizzato. E’ come se diventassimo spettatori esterni di una storia che non è più la nostra. Ci immedesimiamo, come è giusto che sia, con il regista della storia, che dal palcoscenico esamina le scene, senza rimanerne emotivamente travolto e turbato.

E’ proprio il distacco emotivo a renderci forti  e capaci di affrontare le situazioni con tutta la nostra potenzialità divina. Si! Perché dentro di noi c’è un’eredita di onniscienza, di onnipotenza, che può manifestarsi solo quando il nostro pensiero rivolto a Dio viene superato solo dall’amore che proviamo per Lui!

La pace e la gioia di coloro che chiamiamo “beati” scaturisce proprio dall’abbandono profondo a Dio, che porta loro ogni benessere.

Quando i nostri pensieri sono colmi di gioia e d’amore, il nostro corpo, che è una macchina perfetta programmata con tutti i meccanismi dell’autoguarigione, incomincia a trasformarsi.

Succedono, così, quelli che noi definiamo miracoli.

Dimenticare la malattia  riempiendoci solo di pensieri sacri e d’amore, è il sistema più efficace e veloce per riacquistare l’equilibrio psico-fisico che avevamo perso.

Sarà proprio l’amore per Dio, e quindi per tutto e per tutti, a risollevarci dal pantano nel quale eravamo caduti. Sarà per noi come un tappeto magico sul quale salire per innalzarci alle altezze divine.

 

Written by amaeguarisci in: Articoli |
Feb
14
2014
2

DEDICATE A VOI E A TUTTI – poesie

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COME IL SOLE

 Come il sole accarezza ogni viso,

così voi tutti vorrei accarezzare.

Come il vento danza con ogni foglia,

così con voi tutti vorrei danzare.

Ma nel silenzio di questa mia stanza

chi mi impedisce di farlo col cuore?

Allora ogni sera e ogni mattina

Vi abbraccio e Vi bacio tutti,

in questa nostra danza d’Amore.

GLI AMICI

Osservo gli amici,

 li ascolto, li guardo negli occhi.

Siamo tutti diversi, eppure

vedo solo me stessa,

vedo solo Te.

E li amo

e mi amo

e ti amo.

 QUELL’AMORE

Bruciano le scorie del dolore

nel fuoco immenso del Tuo Amore.

Quell’Amore che mi porta via

dalla tristezza e dalla malinconia.

Quell’Amore immenso che mi fa accettare,

che mi fa volare e mi fa tornare…

Sì! Tornare ancora , se Tu vuoi,

per continuare a dare, per continuare ad amare.

BACI !

 Le lacrime di dolore

 si sono trasformate in lacrime d’amore.

Come da fontane scintillanti,

l’Amore esce dal mio cuore

a baciare tutti quanti

                                                                                                                                             Italia

Written by amaeguarisci in: POESIE |
Feb
14
2014
2

DIO SI RAGGIUNGE CON LA GIOIA

Ciao fratelli!

E’ finita l’epoca della tristezza, dei sensi di colpa, delle autopunizioni e di tutte quelle cose che pensavamo ci rendessero migliori. E’ finita l’epoca del sentirci separati dagli altri e da Dio, di sentirci indegni, insignificanti , peccatori e miseri!

Celebriamo la Gioia! Celebriamo La Divinità che è in noi! Celebriamo la bellezza della vita!

La consapevolezza di essere uno con Dio , di non essere il nostro corpo, né la nostra mente, né le nostre emozioni, ci dona felicità.

Spesso Sai Baba richiamava gli studenti che avevano un’espressione triste e diceva loro: “Cos’è quella faccia da “olio di Ricino!” e li esortava a riportare il pensiero a ciò che dona gioia; non alle gioie temporanee materiali, ma alla Fonte di tutte le gioie: Dio.

Quando riusciamo a calmare la mente e allontaniamo le preoccupazioni e le  paure, scopriamo che la felicità emerge dal nostro interno. Sai Baba ci chiamava “Premaswarupa”, cioè Incarnazioni dell’Amore e diceva che siamo anche “Anandaswarupa”, cioè incarnazioni della Beatitudine. Ecco le sue parole:

“ Se il dolore fosse connaturato all’uomo, nessuna penitenza o disciplina potrebbe distruggerlo. Perché? La ragione di ciò è dovuta al fatto che nessuno può cambiare la propria natura. La dolcezza è connaturata allo zucchero e nessuno può eliminarla da esso. Poiché la sofferenza non ci è naturale, è possibile sopraffarla…

Noi siamo fondamentalmente incarnazioni della Beatitudine, dell’Immortalità, dell’Infinito. Siamo senza nascita. Dovreste sempre considerarvi tali e ciò potrà avvenire sviluppando ed assaporando costantemente l’Amore di Dio. Abbandonate il senso di “Io” e di “Mio”. Mettetevi al servizio di alcuni e offrite benessere a tutti. Aspirate alla beatitudine di tutti. Augurate a tutti il bene!”.

 Noi crediamo di amare gli altri, ma in realtà è per amore della propria gioia che si amano gli altri; perché dall’amare scaturisce la gioia.

In realtà l’amore è gioia e la gioia è amore.

Quando siamo tristi e depressi le nostre vibrazioni si abbassano e facciamo molta fatica  a connetterci con la Divinità che dimora nel nostro cuore. Più siamo in uno stato di gioia, più le nostre vibrazioni si innalzano e ci permettono di stare nelle Altezze Divine. Ecco perché tutti i maestri spirituali ci esortano a rimanere il più possibile in uno stato di imperturbabile serenità.

Immaginiamo una mongolfiera che si voglia elevare in cielo: quando cadiamo nella depressione è come se avessimo una pesantissima zavorra che non ci permette di innalzarci. Stazioniamo, così, in bassa quota. Quando ci liberiamo delle pesanti zavorre (la tristezza, la depressione, la rabbia, l’odio, la paura e tutti gli altri sentimenti antivitali), ci innalziamo, con un guizzo, verso gli alti cieli.

Sottolineo il fatto che tutti i sentimenti contrari alla gioia sono antivitali, quindi rovinano lo stato di salute anche fisica.

Nella nostra cultura cattolica spesso abbiamo pensato che Dio si raggiunge soltanto con il dolore, ma è esattamente il contrario! Voler rimanere nella tristezza è voler mantenere le “zavorre” a tutti i costi, senza pensare al danno che ci auto infliggiamo. E così rimaniamo, come si dice a Napoli, “cornuti e mazziati”, ma “mazziati” da noi stessi!

Sappiamo che, sia il dolore, che l’allegria sono contagiosi. Quando siamo depressi, ci portiamo appresso “una nuvoletta grigia” che avvolge anche le persone intorno a noi e che da ciò non hanno certamente beneficio.

Facciamo un’altra considerazione: Se noi siamo parte del Corpo di Dio, se stiamo male Dio è contento? Se il mignolo della mano soffre, il resto del corpo è felice o sente anch’esso il dolore?

Ecco perché dobbiamo chiedere a Dio di aiutarci ad uscire al più presto dal dolore! Lo dobbiamo fare per noi, per i nostri cari, per tutto il mondo e per Dio Stesso!

La maggior parte della gente prova un dolore insopportabile alla perdita di un proprio caro. Certamente è uno dei dolori più grandi della condizione umana. Ma ricordiamoci che per l’anima che si invola nelle dimensioni della luce, l’unico motivo di tristezza è assistere, impotente, al dolore di coloro che ha amato e ama ancor di più.

La vita è giusto che riprenda. Dopo “l’Inverno” è giusto ed auspicabile che ritorni nei nostri cuori “la primavera”, perché questo è ciò che di meglio possiamo offrire a noi, ai nostri cari e a Dio.

Si, è vero, le prove dolorose ci aiutano a cambiare, ci spronano a domandarci cosa è che non va in noi e quindi a migliorare. E’ vero che dobbiamo vivere alcune esperienze di crescita in relazione a ciò che abbiamo seminato in passato, ma noi abbiamo la possibilità di passare attraverso “il Fuoco” senza farci bruciare.

E’ proprio così! Quando siamo certi che nel piano divino ogni cosa accade per un bene maggiore, anche se al momento la nostra mente non è in grado di percepirlo, riusciamo ad abbandonarci alla Volontà  Divina con forza e coraggio.

Ci aiuta enormemente dire: “Signore, sia fatta la Tua volontà! Io non so perché ciò è accaduto, ma Tu si. Aiutami ad accettare ciò che non posso capire, né cambiare, perché solo così posso dare ancora il meglio di me! Signore Ti amo e Ti ringrazio per ogni esperienza di crescita che vivo!”.

Non c’è alcun bisogno di inventare o cercare da qualche parte la felicità. Non c’è bisogno di esperienze diverse per poterla sentire. Al contrario , occorre cancellare ogni cosa, per viverla. Essa è sempre presente in noi, ma è coperta e nascosta dai nostri pensieri negativi, dalle nostre emozioni, dalle nostre agitazioni, dalle preoccupazioni.

Ecco perché è importante raggiungere una mente calma e distaccata.

Guardiamo sempre il lato positivo della vita! Sorridiamo! Sdrammatizziamo! Staremo meglio noi e faremo star meglio gli altri.

Quando ci svegliamo da un sonno profondo ci sentiamo felici. Questo perché la mente è rimasta quieta. Se, quindi, impariamo a tenere calma la mente anche nello stato di veglia, sperimenteremo la felicità.

Perché i bambini sono allegri? Perché vivono il momento presente, senza preoccupazioni e aspettative per il futuro. Sono spensierati, per questo hanno e donano gioia.

Ogni giorno facciamo qualcosa che ci renda felici, finché diventi un’abitudine.

L’allegria, si sa, è contagiosa. Stiamo in buona compagnia! Condividiamo la nostra e la gioia altrui, cancellando ogni forma di invidia o competizione. La gioia degli altri è sempre la nostra gioia, perché gli altri sono noi stessi, con un altro nome ed un’altra forma.

La gioia è libertà e leggerezza, è ottimismo che attrae forze benefiche.

Un cuore gioioso riscalda i cuori altrui, togliendo il grigiore della sofferenza.

Ma quando impediamo a noi stessi di sentire scorrere la gioia dentro di noi? Quando abbiamo aspettative e desideri; quando affrontiamo la vita con vittimismo e ribellione verso gli accadimenti, ignorando che tutto ciò che viviamo l’abbiamo attirato a noi con i nostri pensieri, le nostre paure, le nostre aspettative, le nostre convinzioni , le nostre parole e le nostre azioni. Non sentiamo la gioia quando abbiamo pretese, quando siamo troppo esigenti, verso noi stessi e verso gli altri e per questo continuiamo a lamentarci.

E’ il nostro egoismo a toglierci il sorriso, ed invece incolpiamo sempre qualcosa di estraneo a noi. Non prendiamoci troppo sul serio! Impariamo ad essere autoironici e mettiamoci in discussione!

L’abitudine di criticare gli altri e brontolare è antivitale per chi ce l’ha e per chi gli sta intorno.

Prendiamo l’abitudine di ripetere come un mantra: “Grazie! Grazie Grazie!”, facciamolo con un largo sorriso! Questo ci attirerà sempre più motivi per cui ringraziare.

Ecco un pensiero su cui riflettere:

 “Lavoriamo come se non avessimo bisogno di soldi

Amiamo senza aspettarci nulla in cambio

Balliamo come se nessuno ci guardasse!”

 

 

Una preghiera Vedica antichissima che Sai Baba ci esorta a cantare dice: “Possano gli esseri di tutte le dimensioni, di tutti i mondi, essere felici!

 “Samasta Lokaa Sukino Bawantu!”

 

Riporto qui delle parole, molto ispiranti, di Madre Teresa di Calcutta:

Può darsi che non si sia in grado di donare molto, però possiamo sempre donare la gioia.

Un cuore gioioso è il normale risultato di un cuore che arde d’amore.

La gioia non è semplicemente una questione di temperamento, è sempre difficile mantenersi gioiosi: una ragione in più per dover cercare di attingere alla gioia e farla crescere nei nostri cuori.

La gioia è preghiera; la gioia è forza; la gioia  amore.

E  più dona chi dona con gioia.

Ai bimbi e ai poveri, a tutti coloro che soffrono e sono soli, donate sempre loro un gaio sorriso; donate loro, non solo le vostre premure, ma anche il vostro cuore…

Se nel vostro lavoro incontrate difficoltà e le accettate con gioia, con un largo sorriso, in ciò, al pari di molte altre cose, vedrete le vostre opere buone.

E il modo migliore per dimostrare la vostra gratitudine consiste nell’accettare ogni cosa con gioia.

Se sarete colmi di gioia, la gioia risplenderà nei vostri occhi e nel vostro aspetto, nella vostra conversazione e nel vostro appagamento. Non sarete in grado di nasconderla poiché la gioia trabocca.

La gioia è assai contagiosa. Cercate, perciò, di essere sempre traboccanti di gioia dovunque andiate.

La gioia deve essere uno dei cardini della nostra vita.

E’ il pegno di una personalità generosa.

A volte è altresì un  manto che avvolge una vita di sacrificio e di donazione di sé.

Una persona che possiede questa dote spesso raggiunge alti vertici. Splende come un sole in seno ad una comunità.

Che Dio vi renda in amore tutto l’amore che avete donato o tutta la gioia e la pace che avete seminato intorno a voi, da un capo all’altro del mondo. (Teresa di Calcutta – Nel cuore del mondo – Rizzoli).

 

Tratto da: “L’amore che guarisce” di Rizzo Italia, ancora in fase di ultimazione.

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Feb
13
2014
9

EQUANIMITA’ E DISTACCO: IL SEGRETO DELLA FELICITA’

Ciao ragazzi!

Sappiamo tutti cosa significa vivere nell’equanimità?

Significa rimanere imperturbabili, non avere scossoni emotivi, sia che accadano cose per noi piacevoli, sia che accadano cose per noi spiacevoli e dolorose.

Qualcuno confonde questa grande qualità con l’essere insensibili ed apatici. No, non è la stessa cosa!

Una persona che tende all’equanimità svolge comunque con zelo e sollecitudine tutte le proprie mansioni . Ha  un suo progetto, un suo scopo, ma è sempre pronta ad accettare gli imprevisti che la vita gli offre. E’ flessibile come un filo d’erba, non rigida come un tronco, per questo non si spezza. Una persona equanime non è attaccata al risultato delle proprie azioni. Sa che  arriverà comunque il meglio per se stessa e,  così , si concentra solo nel momento presente,  traendone ogni soddisfazione.

Una persona che sa vivere nell’equanimità affronta con fortezza d’animo sia i guadagni che le perdite, sia la lode che il biasimo, sia la vittoria che la sconfitta perché per lei, in verità non può esistere sconfitta.  L’equanime vede dietro ad ogni avvenimento una grande opportunità per imparare, per progredire. Egli sa che “non si muove foglia che Dio non voglia” e per questo ringrazia sempre per l’opportunità offertagli dalla vita.

Sai Baba diceva che quello che ci accade  è la cosa migliore che ci può accadere in quel momento.

Noi attiriamo a noi esperienze con i nostri pensieri, con i nostri sentimenti, le nostre paure, le nostre parole e le nostre azioni.  La vita ci rimanda ciò che lanciamo. E’ come se tirassimo con la racchetta da tennis una pallina su un muro: se la tiriamo male ci torna indietro male, e ci sfugge. Se la tiriamo bene possiamo continuare il palleggio.

Ma ogni volta che la pallina ci sfugge, semplicemente abbiamo l’opportunità di esercitarci ancor più per imparare a tirarla bene.

Si dice “La lingua batte dove il dente duole”. E’ proprio così! La vita ci propone sempre gli esami sulle materie che non abbiamo ancora appreso. La vita è sempre generosa! Anche quando ci offre un’ennesima opportunità di vedere quello che di noi non vogliamo vedere.

Un bambino che avvicinandosi ad un cactus si punge, si avvicinerà e si pungerà ancora finché non avrà ben compreso che quel suo gesto non gli conviene.

Finché non snideremo dal nostro cuore le nostre paure ,  attireremo sempre persone ed episodi atti a mostrarcele. L’Universo è così misericordioso e clemente che non ci boccia mai, ma ci da sempre “esami di riparazione”, finché saremo promossi su quella materia. Solo allora finiranno quel tipo di prove.

Chi conosce la legge del karma accetta di buon grado ogni cosa che lui stesso ha, consapevolmente o meno, attirato a sé.

Ma per riuscire ad essere equanimi bisogna affrontare la vita dal punto di vista dello Spettatore. Bisogna guardarci dall’alto. Dall’Alto, ogni cosa, ogni problema sembra così piccolo! Quello che prima ci sembrava una trave, ora ci sembra una pagliuzza!

Ricordiamoci che siamo tutti attori che svolgono una parte che il Grande Regista (DIO, il nostro Sé) ha previsto per noi. Se un attore che recitasse in un film drammatico si immedesimasse troppo nella scena,  starebbe così male da non poter più svolgere la sua parte.

Per fortuna egli sa che sta solo recitando in un film. Sa che poi tornerà a casa, felice e contento, consapevole che quella  non è la sua vita reale, ma solo il film dove sta recitando una parte.

Ecco: la nostra vita va vissuta come un film dei quali noi stessi siamo, sia gli attori, che il regista.

Sai Baba diceva che la vita in questa dimensione terrestre è solo un sogno. Al risveglio,  se la nostra vita sarà stata dura, diremo: “Meno male che era solo un sogno!”

Prima di incarnarci tutti gli attori si mettono d’accordo per svolgere le varie parti. Nostra madre o nostro fratello o un nostro collega potrà dire: “Io ti aiuterò a sviluppare la pazienza e la tolleranza. Avrò atteggiamenti che ti disturberanno, ma che ti aiuteranno molto. Ti ricorderai che ho preso con te un impegno proprio per aiutarti? Perdonerai ciò che ti farò, o continuerai ad arrabbiarti con me, o peggio ancora, ad odiarmi?

Finita la rappresentazione teatrale, tornati ancora nell’Onnipresente, sia le “guardie” che i “ladri” andranno a “mangiare la pizza” tutti insieme. Sempre si sono amati ed aiutati, anche mentre recitavano!

Torniamo al concetto di equanimità: sdrammatizziamo tutto! Diamo il giusto ordine di valore alle cose!

Certamente per riuscire in questa impresa dobbiamo superare gli attaccamenti.

Parliamo quindi di distacco: distacco dagli oggetti, dai desideri, dalle persone, dalle convinzioni, dai luoghi, da tutto. Distacco anche dal desiderio di aver ragione e di essere compresi.

Chi ha aspettative si arrabbierà quando queste verranno deluse. La rabbia lo porterà all’ira, alla depressione e, quindi, a volte, alla solitudine.

Spesso ci aspettiamo dagli altri ciò che noi stessi non riusciamo a dare. Ricordiamoci che  prima del ricevere c’è sempre il dare! Il Maestro ci diceva che se non abbiamo depositato i nostri valori in banca, non possiamo pretendere di andare a prelevare!

Così è la vita: dobbiamo essere gratitudine, per ricevere gratitudine. Dobbiamo essere amorevolmente gentili per ricevere gentilezze. Dobbiamo essere generosi per ricevere doni. Dobbiamo perdonare per essere perdonati. Dobbiamo essere Amore per vivere nell’amore!

Gli altri sono gli specchi di noi stessi. Immaginiamo un cane che va al lunapark, nella casa degli specchi. Se ringhierà , vedrà mille cani uguali identici a lui che gli ringhieranno. Se scodinzolerà, vedrà mille cani che gli scodinzoleranno.  Non ha proprio senso arrabbiarsi con gli altri per ciò che di storto va nella nostra vita!

Torniamo al concetto di equanimità:come possiamo essere equanimi se piangiamo disperati ogni volta che qualcuno si allontana da noi, ogni volta che dobbiamo cambiare casa, o lavoro, ogni volta che perdiamo i nostri beni materiali?

Sapete perché ci disperiamo in questi casi? Immaginate delle formichine che sono abituate a mangiare le briciole del pane che cadono dalla tavola. Per loro quelle bricioline sono un tesoro immenso, tutto ciò che conoscono di buono esista. Invece no! Non sono un tesoro immenso, perché sulla tavola c’è un’intera pagnotta di pane, e non solo: c’è anche una torta e molto altro ancora!

La pagnotta e la torta rappresentano il contatto con il nostro Sé, con Dio; le bricioline rappresentano i piaceri legati ai sensi, che sono fugaci ed illusori.

Perché essere così miserabili da volerci accontentare con delle briciole? Non ci soddisferanno mai abbastanza le cose, le persone, i luoghi, i divertimenti, gli sballi, gli eccessi dei sensi, le ricchezze!

E’ buona cosa avere il giusto benessere per mantenere in salute il corpo, ma ricordiamoci che lo scopo di questa nostra vita non è quella di elemosinare briciole, ma di avere ciò che ci spetta di diritto: la nostra Eredità Divina! Siamo tutti Principi eredi al trono, ne siamo consapevoli?

Le persone a noi care, in verità, mai si separano da noi e mai sono state separate da noi. Il corpo fisico è solo una manifestazione momentanea, un vestito che l’anima ha preso in questa vita. Ma, come detto prima, finita la rappresentazione si va tutti “a mangiare la pizza” insieme! Se non riusciamo a sentire i nostri cari che hanno attraversato il velo, comunque parliamo con loro, mandiamo loro amore!

Sa sapessimo quanto sono felici di essere liberi dalla pesantezza della materia, se sapessimo che siamo tutti angeli gioiosi come i bimbi, non staremmo qui a piangere…per la loro gioia! In verità l’unico dispiacere che possiamo dare agli amici oltre il velo è proprio quello di vederci tristi e piangenti.

Per favore: regalate ai vostri cari sorrisi, canti e lacrime di gioia per condividere la loro gioia!

E poi sappiate che noi stessi basteremo sempre a noi stessi, non dobbiamo per forza appoggiarci agli altri come fossero le nostre stampelle. La vita , a volte, ci toglie “le stampelle” (i nostri cari ai quali siamo attaccati) proprio per farci accorgere che non abbiamo nessun bisogno di “stampelle”. La Divinità è dentro di noi, siamo più forti di quanto immaginiamo, siamo più, di più, di più di quel che pensiamo! Riconnettiamoci con noi stessi, con la preghiera, con la meditazione, con quello che meglio ci si addice: In noi c’è Tutto: nel microcosmo c’è il macrocosmo.

Che per Dio sia il nostro pensiero, che per Dio sia la nostra ambizione, che per  Dio sia tutto il nostro agire, che per Dio sia tutto il nostro cuore! Quando abbiamo Dio abbiamo Tutto!

 

Written by amaeguarisci in: Articoli |
Feb
12
2014
-

IL GIOCO DI DIO – poesia

IL GIOCO DI DIO

La luce di mille galassie brilla dentro di me.

l’Amore di tutti i cuori pulsa in me.

Ma un velo sottile dal Tutto ancora mi separa

e questa vita stupenda mi sembra ancora amara.

Uso le note di mille canzoni per cantare a Te, mio Sé;

l’armonia di tutti i colori per dipingerti, mio Re.

Ti sussurro il mio Amore, lo grido, lo canto…

non so più cosa fare: accetta il mio pianto!

Ma poi sorrido felice quando scopro che la separazione

è solo il Tuo Grande Gioco, è tutta un’illusione.

Ora

meravigliosamente voglio vivere nella gioia e nel riso,

consapevole di essere qui, in carne ed ossa, ma in Paradiso!

                                                                                                                Italia

Written by amaeguarisci in: Articoli,POESIE |
Feb
11
2014
3

SAI BABA – CHI E’ SAI BABA?

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Ciao ragazzi! 

Vi voglio parlare del mio Adorato Maestro: Sai Baba.

Egli mi ha dato un’altra vita, in questa stessa vita.  E’ giusto che sappiate da quale Fonte arriva l’acqua che mando a voi. Io non sono altro che una “conduttura”, una canna vuota dove Egli soffia le Sue parole,  la Sua musica, il Suo alito di vita.

 E’ davvero un’ardua impresa tentare di descrivere un Essere così Straordinario, Meraviglioso, Incredibile ed Insondabile, come è stato Bhagawan Sri Satya Sai Baba.

Egli Stesso ci aveva detto: “Il Mio potere è incommensurabile, la Mia Verità è inesplicabile e insondabile. Io sono aldilà dell’indagine più intensa e della misurazione più meticolosa… Tenete presente che voi non potete comprendere Me e il Mio Segreto se prima non avrete conosciuto voi stessi”.

Quindi solo quando avremo raggiunto le Sue Altezze potremo comprendere la Sua Realtà. Che è oltre la portata della mente.

Certamente non basterebbero i libri di un’intera biblioteca per raccontare i doni di Grazia, le Meraviglie, le guarigioni e le trasformazioni avvenute nelle case dei devoti di tutto il mondo.

Ci sono numerosi libri, scritti da autori di tutto il mondo, che già parlano di questo, e sono degli ottimi “compagni di viaggio”.

Sintetizzando posso  dire che Sai Baba quando era nel Suo corpo fisico conversava con studiosi e scienziati di tutto il mondo, dimostrando di avere completa conoscenza di tutte le scienze: fisiche, metafisiche e spirituali.

Rispondeva alle domande dei devoti, prima ancora che essi avessero avuto il tempo di pronunciarle. Conosceva il passato, il presente e il futuro di ognuno.

Ha salvato innumerevoli persone da pericoli e difficoltà, rispondendo immediatamente alle richieste di aiuto provenienti da tutto il mondo.

Aveva il Potere di manipolare l’energia e, quindi, di materializzare oggetti dal  nulla, modificarli, o di smaterializzarli.

Aveva il Potere di guarire malattie incurabili, di agire sulle forze della natura e degli elementi e di riportare in vita i morti.

Molto spesso materializzava la Vibhuti, la cenere sacra che aveva poteri taumaturgici.

Ma il Suo più grande ed indiscutibile miracolo era quello di riuscire a trasformare il cuore umano. Persone dedite solamente alla vita mondana, sotto il Suo sguardo, e con il Suo Esempio ed Insegnamento, si trasformavano in ricercatori spirituali, dediti al servizio altruistico disinteressato.

Io sto parlando al passato perché mi riferisco, in questo momento, alla Forma Fisica che aveva assunto. Ma, in verità, Sai Baba ha continuato e continua a compiere prodigi, apparizioni,  materializzazioni, guarigioni e molto altro, anche dopo aver lasciato il suo corpo fisico. Sono innumerevoli le testimonianze dei devoti a tal riguardo. Io stessa ho avuto la grazia, il 17.6.2012, di vedere una fotografia ed un dipinto raffigurante Sai Baba produrre copiosamente Vibhuti. Sotto ai miei occhi e a quelli di mio marito ed altri amici, la cenere emergeva dall’immagine, tutto intorno al viso del maestro e sui capelli (sembrava formasse i  Suoi riccioli), dopodiché cadeva, formandone un bel mucchio ai piedi delle immagini.

 

Sai Baba non dava alcuna importanza ai Suoi miracoli, li definiva solo uno stratagemma per richiamare l’attenzione di chi era troppo distratto dalle vicende della vita per poter prestare attenzione al Suo Insegnamento; ma  erano anche un dono per coloro sui quali voleva riversare la Sua Grazia Divina e la Sua Protezione. Ecco le Sue parole: “Non date importanza ai miracoli. Non esagerate il loro significato. La grandezza del Mio Potere non sta in questi miracoli, ma consiste solo nel Mio Amore. Tutti i miracoli apparenti non sono che goccioline di quell’Oceano d’Amore. Non fatevi abbagliare da goccioline. Intravvedete l’Oceano e tuffatevi profondamente in Esso”.

 

Poiché da un punto di vista più profondo non si può dare una definizione esatta della Sua Realtà, parlerò del Suo aspetto umano. Racconterò, in breve, alcuni episodi della Sua vita.

Per chi volesse un racconto più dettagliato può leggere un libro da me scritto precedentemente, intitolato : “Il Piccolo Sai Baba”, Edizioni: Mother Sai Publications – Sathya Sai Books and Publications of Italy.

 

Come uomo fra gli uomini Sai Baba ci ha donato costantemente il Suo esempio. Ha fatto per l’India ciò che il governo non è riuscito a fare in più di cinquant’anni.

Da quando era bambino si occupava dei più poveri, dei più sofferenti, sfamandoli e curandoli. Ha fornito cibo, casa, sostentamento ad orfani, vedove ed anziani. Ha costruito scuole di ogni ordine e grado ed ospedali di primissimo livello, dove tutto è gratuito. Ha fornito di acqua potabile migliaia di villaggi, e molto, molto di più ha fatto.

Per entrare nel dettaglio e nella grandiosità delle Sue Opere, vi invito alla visione del DVD pubblicato da Mother Sai Publications, che si intitola: “Le Sue Opere Nel Sociale”.

 

Come Egli stesso ha affermato, Sai Baba è un Avatar, anzi, un Purnavatar, cioè un Avatar con tutti i pieni poteri divini che ha manifestato fin dalla nascita.

IL termine Avatar, in sanscrito significa: “Discesa di Dio in un corpo umano”.

Nel prossimo capitolo cercherò di dare una spiegazione più completa e dettagliata del concetto di Avatar e Purnavatar.

 

Tutti gli Avatar, come Gesù, Krisna, Rama, ed anche Sai Baba, non si sono incarnati con concepimento umano, ma con l’entrata diretta dello Spirito Divino nel corpo della madre prescelta.

Un giorno un giornalista chiese a Sai Baba se la Sua nascita fosse avvenuta per concepimento umano. Poiché in quel momento era presente Sua Madre Iswaramma, Sai Baba le chiese di rispondere Ella stessa alla domanda. Iswaramma raccontò: “Mia suocera aveva sognato il Signore Sathya Narayena che le aveva detto di tranquillizzarsi se le fosse accaduto qualcosa di strano, poiché ciò che sarebbe accaduto era per volere di Dio. Così quella mattina, mentre mi trovavo al pozzo, una grande sfera di luce azzurra rotolò verso di me; la sentii penetrare in me e all’improvviso persi i sensi”.

Questo episodio ci ricorda la nascita di Gesù, anch’essa preannunciata precedentemente dall’Arcangelo Gabriele.

 

Come successe per tutte le Incarnazioni Divine, anche l’Avvento di Sathya Sai Baba fu annunciato da diverse profezie. Tutto era già stato scritto: il nome del villaggio dove si sarebbe incarnato, l’albero genealogico della famiglia che avrebbe scelto, le tappe della Sua Missione, il Suo identikit per distinguerlo fra mille falsi profeti, i segni cutanei che avrebbe avuto e tutti i poteri divini che avrebbe manifestato.

Il luogo scelto era un piccolissimo e povero villaggio dell’India del Sud, di nome Puttaparthi.

Ai tempi della nascita di Sai Baba era ancora un villaggio sconosciuto, tanto da non essere citato in nessuna carta geografica. Era raggiungibile soltanto a piedi o con carri trainati da buoi, che trasportavano le persone attraverso le sabbie del fiume Citravati (Citravati significa, infatti, fiume  di sabbia).

 

Ancor prima della nascita, mentre il Suo corpicino cresceva nel corpo della Madre, iniziò a dare segni della Sua Divinità:

Durante la notte una musica soave svegliava di soprasalto i genitori. Gli strumenti musicali che si trovavano in casa suonavano da soli, senza che mani umane li muovessero! Chi mai poteva suonare quegli strumenti? Il mistero si ripeté per diversi giorni, finché venne interpellato un astrologo saggio, il quale, avendo saputo che in casa vi era una donna in attesa di un foglio, disse che si trattava di un lieto e fausto evento: angeli ed altri esseri di luce suonavano felici per compiacere il Bambino Divino che si trovava ancora nel grembo della madre. Erano scesi dalle sfere celesti per suonare una serenata d’amore per il loro Signore!

Nacque il 23 novembre 1926, alle prime luci dell’alba.

Il Bimbo fu chiamato Sathya Narayana. Non avrebbero potuto scegliere un nome più appropriato al “Signore dei miracoli”!

Si dice che quando fu compiuto il rito dell’imposizione del nome, Il Piccolo sorrise perché, probabilmente, fu proprio Lui a suggerire alla madre quel nome. Infatti Sathya Narayana è uno dei nomi attribuiti a Dio dalle sacre scritture indiane. Narayana significa “Rifugio dell’uomo, Essenza del Principio vitale, Colui che rimane fedele nel cuore degli uomini.

Sathya significa “Verità”; infatti l’Assoluta Verità è Narayana, cioè Dio.

Egli è quindi la verità stessa, il Signore del creato. Egli stesso aveva dichiarato di essere l’Incarnazione di tutti i nomi e di tutte le forme attribuite dall’uomo all’Onnipotente.

 

Il Bimbo divenne presto l’attrattiva del villaggio, come successe per  Gesù Bambino, il Suo magnetismo attirava ed incantava la gente.

Fin da piccolo diede innumerevoli segni della Sua Natura Divina. Materializzava dolcetti, penne e matite per i piccoli amici; trasformava le rane catturate dai monelli del villaggio in rondini; moltiplicava il cibo per sfamare i poveri che sempre più bussavano alla porta di casa. Già a cinque anni era trattato e riverito dai Suoi piccoli amici come Guru, Maestro Spirituale. Infatti, a quell’età, durante la festa del natale del Signore Rama, fu messo su un carro decorato con ghirlande e fiori. Se ne stava comodamente seduto sotto al quadro raffigurante il Signore Rama, mentre tutti i bambini camminavano a piedi. Questo perché Egli iniziò fin da Piccolo ad insegnare le grandi verità spirituali, sia con la parola, sia con il Suo esempio. Anche solo con la Sua Presenza fisica iniziò la Sua missione di trasformare i cuori di coloro che venivano in contatto con Lui.

 

Sathya iniziò a frequentare la scuola; non certo per imparare a leggere e scrivere, visto che la sua conoscenza superava quella di tutti gli insegnanti. Non era, però, arrivato ancora il tempo di svelare il Suo Segreto, di annunciare la Sua vera Identità.

Teneva a freno i Suoi Poteri, facendo la parte di un semplice ed educato Ragazzino, anche se continuava ad essere un Bimbo molto, molto Speciale che insegnava ai suoi compagni le grandi verità della vita.

 

Finite le scuole elementari andò a vivere presso il fratello maggiore a Uravakonda.

Ormai la fama dei Suoi prodigi si era divulgata e prima del Suo arrivo, in paese già si raccontavano le meraviglie che Questo Straordinario Ragazzino sapeva compiere.

In quel periodo, il Piccolo Sathya, per far comprendere ai propri cari la Sua Vera Natura, si sottopose a diverse dure prove.

A casa del fratello veniva trattato come “Cenerentola”, sia dalla cognata, sia da altri parenti. Doveva fare i lavori più pesanti e faticosi, pur essendo un Ragazzino molto esile.

Era Suo compito andare  a prendere l’acqua, più volte al giorno, al pozzo che distava a circa un chilometro da casa e doveva raccogliere pesanti fascine di legna. A volte veniva picchiato,ma Egli non si lamentò mai.

Si sottopose ad una prova durissima quando, credendolo impossessato da uno spirito, lo consegnarono nelle mani di un esorcista stregone, che Lo torturò in vari modi.

Egli, comunque, diede segno della Sia Divinità rimanendo sempre imperturbabile e distaccato dal dolore fisico.

Il 23 maggio 1940 Sathya compì tredici anni e mezzo, essendo nato il 23 novembre.

Quel giorno era allegro e vivace. Radunò i familiari ed i vicini di casa attorno a Sé. Vedendolo così gioioso, nessuno pensò agli spiriti maligni che, secondo qualcuno Lo invasavano.

Quel giorno le mani Gli si colmavano di dolci squisiti ogni volta che le faceva oscillare ed Egli li distribuiva a tutti i presenti. Tra le dita gli spuntarono anche dei fiori freschi e profumati e delle polpette di riso, condite con il miele. Tutti accettavano con gioia reverenziale quei doni sacri, usciti dal nulla. Ma, mentre le persone estranee alla famiglia erano tutte contente, il Padre di Sathya, che si trovava fuori casa, andò su tutte le furie quando gli venne dette ciò che stava accadendo.

La grande folla che trovò davanti casa lo innervosì ancora di più. Quando poi qualcuno gli disse di lavarsi mani e faccia prima di avvicinarsi al Divino Fanciullo, si arrabbiò ancora di più.

“No! Darò a Sathya una bella lezione! Oggi tutto questo deve finire!”, brontolò, mentre entrava nella casa. Poi prese un bastone, lo sollevò contro il Figlio e Gli gridò: “Chi pensi di essere? Rispondimi, o ti spacco la testa! Sei Tu un Dio, un fantasma o un pazzo?

L’atmosfera divenne carica di tensione: stava arrivando  il magico momento di una rivelazione.

Tutti gli occhi erano fissi sulle labbra di Sathya che, con voce dolcissima disse: “Volete sapere Chi sono Io?… IO SONO SAI BABA!”

Qualche giorno più tardi, incalzato da alcune persone che non credevano alla Sua dichiarazione, materializzò una manciata di fiori di gelsomino e li gettò a terra. Subito i fiori formarono le parole: “IO SONO SAI BABA”.

Ma la famiglia e gli abitanti del villaggio si chiesero: “ Chi sarà mai questo Sai Baba?”

Pochissime persone, nella zona, avevano sentito parlare di Quel Misterioso e Potente Essere Divino dell’India Moderna: Sai Baba di Shirdi.

Qualcuno diceva che era un santo musulmano, altri che era un santo indù.

Morì all’età di novantun’anni, nel 1918, dopo aver detto che sarebbe ritornato dopo otto anni nello Stato dell’Andra Pradesh, lo stato a cui appartiene il villaggio di Puttaparthi.

Sai Baba aveva annunciato che, dopo la Sua morte che sarebbe avvenuta a novantasei anni (secondo il calendario vedico lunare, Sai Baba è morto a novantasei anni, come aveva annunciato), Egli si reincarnerà di nuovo, entro otto anni, e si chiamerà Prema Sai Baba. Prema, in sanscrito significa Amore. Si chiamerà così perché durante il Suo soggiorno terreno nel mondo ci sarà solo Amore. Nella Sua ultima Incarnazione si chiamava Sathya Sai Baba (Sathya significa Verità), proprio perché era venuto a ricordarci tutta la Verità.

Ma perché Egli che avrebbe potuto cambiare il mondo in un istante scelse di venire in tre corpi successivi per completare il Suo Lavoro?

Egli Stesso ci diede la risposta: se avesse cambiato tutto in un istante, per Sua Volontà, il mondo sarebbe tornato, a breve, come prima. Solo cambiando le coscienze, una ad una, la pace e l’armonia potranno essere durature. E poiché la situazione mondiale era ed è ancora molto compromessa, ci ha dato il dono di essere Presente nel piano terrestre per lungo tempo. In questo modo il numero delle persone “risvegliate” potrà raggiungere una “massa critica” che contagerà nel bene tutto il Pianeta.

 

Ormai il Giovane Sai Baba  attirava l’attenzione di tutti. Era considerato un Prodigio, un Profeta, oppure era guardato come una Rara Curiosità.

Ogni giovedì (giorno dedicato al guru), fino a notte inoltrata, la casa dove Sathya era ospitato era piena di pellegrini che andavano ad adorarLo.

Un giorno Sathya fu portato da alcune autorità in gita al tempio di Hampi, dedicato a Shiva. Mentre tutta la comitiva entrò dentro il tempio, Egli rimase fuori, sotto un albero, dicendo che aveva mal di stomaco e che avrebbe guardato i bagagli.

Fu grande lo stupore e la meraviglia della gente quando apparve sull’altare al posto del sacro lingam, simbolo del Signore Shiva.

Subito le persone sbigottite uscirono dal tempio, per vedere se Sathya fosse ancora sotto l’albero: infatti Lo trovarono lì! Poi tornarono dentro e Lo videro ancora sopra l’altare! Egli era contemporaneamente sull’altare e sotto l’albero.

I turisti rimasero senza parole dallo stupore e dalla commozione e tutti sentirono il fremito di un’ardente devozione. Anche i miscredenti ebbero quel giorno la prova avvincente della Divinità del Giovane Sathya.

Tutti iniziarono ad affrirGli dei fiori e Lo adorarono, facendo fiammeggiare la canfora davanti a Lui.

 

La mattina seguente la notizia di quel Prodigio di sparse di bocca in bocca. Il fervore verso Sathya divenne più intenso.

Un grave ammalato di tubercolosi supplicò i suoi parenti di condurlo da Sathya, affinché lo avesse guarito. Il Giovane Sathya si avvicinò a lui, lo accarezzò, lo calmò e poi disse a quella scheletrica forma: “Alzati ! Và a correre lungo la strada!”.

L’uomo obbedì e corse velocemente per circa un chilometro! Al ritorno si gettò, riconoscente, ai Suoi Santi Piedi, esclamando: “ Oh mio Signore! Oh mio Salvatore!”

Sathya confermò la Sua Potenza Guaritrice subito dopo essersi presentato sotto l’aspetto del Signore Shiva. Da quel giorno furono innumerevoli le guarigioni da Lui operate.

 

Non aveva ancora compiuto 14 anni, il 20 ottobre 1040 Sai Baba decise che era terminato il  tempo della commedia.

Gettò via i libri di scuola ed esclamò che non apparteneva più ai suoi parenti, che i Suoi devoti Lo stavano aspettando e che aveva il Suo lavoro da svolgere.

Egli uscì di casa: non era più Sathya Narayena, era Shri Sathya Sai Baba.

Egli sbriciolò le mura di un recinto troppo stretto, proprio come fa un elefante che, abbattuti gli ostacoli, si allontana maestoso. Ora il Suo compito era di dedicarsi, con Amore Infinito, alla salvezza dei devoti. La Sua protezione avrebbe incluso non solo quelli che Lo avrebbero invocato in Quella Sua Attuale Forma, ma tutti coloro che avrebbero chiamato Dio, con qualunque nome, in qualunque lingua, in tutto il mondo!

Colui che si era reso libero da ogni legame terreno, sarebbe stato lo schiavo del Puro Amore.

Sai Baba tornò a Puttaparthy da Uravakonda e iniziò a ricevere sempre più folle di devoti. Fu sempre più occupato a curare mali spirituali, fisici e mentali di coloro che si affidavano a Lui.

 

Purtroppo furono diversi gli attentati alla Vita del Ragazzo Divino.

Alcuni malviventi, non sopportando che un Ragazzino alto poco più di un metro fosse così amato ed ammirato, una notte diedero fuoco alla capanna dove Sathya dormiva. Il tetto era di paglia e si incendiò immediatamente. La porta era ermeticamente chiusa dall’esterno e le finestre avevano le sbarre.

Tutti gli abitanti del villaggio ,vedendo il fuoco divampare, erano accorsi e gridavano dallo spavento e dalla paura di perdere il Loro Prezioso Tesoro.

Ma Sai Baba spense il fuoco facendo scatenare un diluvio solo sulla capanna: tutto intorno era asciutto!

 

Un’atra volta una signora diede al Giovane Guru alcune polpette avvelenate. Il Suo viso divenne cianotico, ma tranquillizzò i presenti dicendo che si sarebbe curato da solo. Bevve un bicchiere d’acqua ed il colore bluastro sparì dal suo volto.

Anche quando fu adulto sventò diversi attentati alla Sua Persona.

 

La gente aumentava di giorno in giorno, per questo Sai baba prese l’abitudine di condurre i suoi discepoli nel letto sabbioso ed asciutto del fiume Citravati, che si riempiva d’acqua solo nella stagione delle piogge.

Qui il Giovane Maestro guidava i devoti in canti devozionali, insegnava loro il retto modo di vivere e rafforzava la loro fede compiendo miracoli di ogni tipo.

Mentre si cantavano i canti devozionali, spesso Sai baba materializzava dal nulla dolcetti ed altre leccornie, estraendoli dalla sabbia. Erano ancora caldi e gocciolanti di burro, ma come potevano uscire dalla sabbia senza che nemmeno un granello vi si attaccasse?

Riempiva pentole vuote con un tocco della Sua mano e distribuiva il cibo ancora fumante.

A volte appariva in cielo e dalla Sua fronte usciva una luce accecante; altre volte  assumeva proporzioni gigantesche, tanto che gli alberi gli arrivavano alla vita.

Qualche volta i devoti udivano una voce cristallina provenire dall’alto, e nel guardare in su per cercarLo, vedevano splendere il Suo volto nella luna piena!

A volte assumeva le fattezze delle varie forme divine: Krishna, Shiva, Devi Mahalakshmi, ecc…Appariva anche come Shirdi Sai Baba e qualcuno lo abbracciò anche in quella forma.

Non finiva mai di stupire, meravigliare ed incantare le anime benedette che potevano stare accanto a Lui!

 

A circa un chilometro dal villaggio di ergeva, su un promontorio vicino al fiume,  un albero di tamarindo che divenne famoso con il nome di Kalpataru, cioè “Albero dei desideri”.

Il Giovane Sathya, si arrampicava sulla collinetta, agile come il vento, ed aspettava i devoti  che giungevano più tardi, ansimanti.

Sai Baba domandava loro quale frutto desiderassero mangiare; non appena i fortunati menzionavano il nome di un frutto, esso compariva miracolosamente sui rami del tamarindo selvatico! Arance, fichi, banane, manghi, pere ed altri frutti fuori stagione o di terre lontane, sbucavano fra le foglie per incanto. Che Meraviglia! Quell’albero era il simbolo stesso dell’Avatar: infatti Egli era venuto solo per dare, dare, dare… a chi avesse avuto  la grande fortuna di sentire il desiderio di volersi avvicinare a Lui.

Egli Stesso disse di essere il Servitore di tutti, lo Schiavo della Devozione: “Chiedete qualsiasi cosa ed Io ve la darò: Vi do ora ciò che desiderate, perché un giorno possiate desiderare ciò che sono venuto a dare: La Liberazione Stessa!”.

 

Durante la stagione delle piogge diverse volte Sai Baba salvò il villaggio di Puttaparthi dall’allagamento dovuto allo straripamento del fiume. Bastava un cenno della Sua Mano e l’acqua cambiava direzione e si riversava sui campi incolti, anziché sul centro abitato.

 

Durante la Sua Vita, molte volte Sai Baba prese su di Sé le malattie dei devoti.

Fu clamorosa la guarigione che fece di Se Stesso nel 1963, dopo aver preso nel Suo corpo una paralisi e diversi infarti. Per una settimana il Maestro lasciò i devoti in un’angoscia insopportabile, vedendolo in condizioni pietose; ma poi, durante la festa del Gurupurnima (festa dedicata al Guru che cade durante la luna piena del mese di luglio), davanti ad una grande folla si spruzzò addosso dell’acqua e balzò in piedi, sano e forte! Tutti i presenti piansero di gioia.

 

La notizia dei miracoli di Sai Baba stupiva e sbalordiva sempre più persone. Le guarigioni più spettacolari e incredibili avvenivano sotto gli occhi di tutti. Ciechi, paralitici, sordi, malati terminali, uomini ridotti a scheletri umani riprendevano la salute piena, e ritrovavano una fede incrollabile nel loro Salvatore.

Sono innumerevoli le persone salvate dal pericolo, sia devoti, sia persone che non avevano mai sentito parlare di Lui.

Appariva in carne ed ossa in altri continenti poiché il Suo corpo fisico poteva essere contemporaneamente in più posti.

Spesso dava  e dà ancora il Suo Darshan (la Sua Visione, Apparizione) nelle varie case del mondo, anche attraverso un quadro di Gesù, krishna, o di un’altra Divinità. Queste figure si trasformano in Sai Baba, davanti agli occhi increduli di coloro che pregano rivolgendosi a quelle Figure.

 

Sai Baba, che aveva tante volte dimostrato di trascendere il tempo e lo spazio, di conoscere il presente, il passato ed il futuro di ogni creatura, di avere nella Sua mano l’intero Universo, era (ed è) anche il Padrone della vita e della morte.

Sono diversi i casi testimoniati di resurrezione di cadavere operate dal Maestro, come quello del Signor Radhakrisna della cittadina di Kuppan, morto ormai da tre giorni ed il cui corpo incominciava a puzzare, e del Signor Walter Cowan, un cittadino americano che era stato dichiarato morto in una clinica della città di Madras.

 

Fin da Ragazzino Sai Baba ogni giorno camminava fra i devoti, parlava con loro, leniva le loro pene, li sosteneva, li ispirava, li guidava verso il bene, li incoraggiava, li guariva e li aiutava in mille altri modi. Non c’erano per Lui giorni di festa. Non aveva una vita privata: ogni ora della Sua Vita era dedicata agli altri.

Ma a parte il fatto di camminare fra i devoti, tutto il resto lo fa ancora oggi, in modo sottile: apparendo, andando in sogno, suggerendo, ispirando, guidando in mille modi coloro che pregano in qualunque lingua, e qualunque forma divina.

 

L’Avatar è una Forza spirituale così Potente, è un Amore così travolgente che ci trasforma e ci innalza alle Altezze Divine.

Egli ci aveva assicurati: “Abbiate fede e sarete salvati. Sappiate che la Salvezza è vicina. Molti esitano a credere che i destini dell’uomo si eleveranno, che una gioia esaltante verrà ad illuminare il mondo rivelando una nuova Età del’Oro. Ricevete dalle mie mani la certezza che questo Corpo Divino non è venuto invano e riuscirà a sovvertire la crisi in cui versa l’umanità!”.

 

IL SUO MESSAGGIO

Il concetto fondamentale del Messaggio di Sai Baba è l’identificazione del Sé interiore con Dio.

Il substrato, la Fonte, l’Energia di ogni cosa creata è Dio. Egli è, quindi, immanente in ogni atomo, in tutto ed in tutti.

Sai Baba riassumeva questo concetto con queste parole:

 

TUTTO E’ UNO

TUTTO E’ DIO

 

Con questa consapevolezza metafisica, un’altra Sua famosa frase: “Ama tutti e servi tutti!”,

e la famosa frase di Gesù: “Ama il prossimo tuo come te stesso!”, acquistano un profondo significato: quando amiamo e serviamo gli altri, serviamo in realtà noi stessi, serviamo Dio Stesso che è in ognuno di noi.

Il servizio altruistico, con questa conoscenza e consapevolezza, acquista un altro valore.

Non c’è un “io” che aiuta un “altro”. Gli altri sono in realtà noi stessi, solo con un altro nome ed un’altra forma.

Tutti noi abbiamo sperimentato che quando aiutiamo un sofferente anche noi siamo felici, perché la gioia altrui è la nostra stessa gioia.

Con questa consapevolezza non può esistere una forma egoica di superbia nell’aiutare gli altri: da un punto di vista metafisico non esiste separazione fra noi e gli altri.

Grazie! Grazie! Grazie alla fisica quantistica che finalmente sta unendo scienza e spiritualità! Ciò che da millenni è sempre stato scritto nei Veda (le più antiche sacre scritture della Terra, dalle quali hanno avuto origine tutte le successive) è finalmente materia di studio e sperimentazione degli scienziati. Ciò che la fisica quantistica sta scoprendo oggi, è ciò che tutti gli Avatar , i saggi e gli  illuminati di sempre ci hanno insegnato.

Cosa ci insegnano, in sintesi, i Veda?

L’UNO, cioè Dio, si è diviso nei molti (Big Ben) ed ha preso innumerevoli forme; ma poi, tutte queste forme torneranno all’UNO. Ecco perché così si chiama l’Universo: perché tutti stiamo tornando verso l’UNO, o meglio: stiamo tornando alla consapevolezza di essere UNO.

I corpi possono quindi essere differenti, ma l’Energia Divina che li anima è la Stessa come è l’unica energia elettrica ad accendere tutte le lampadine di una casa.

Ovviamente non tutte le lampadine esprimono la stessa potenza luminosa: ci sono lampadine da 25 watt ed altre da 100. Ci sono piccoli lampioni nelle strade e fari che illuminano a giorno gli stadi, ma l’energia elettrica che li accende è la medesima.

Allo stesso modo in ogni cuore di ogni creatura alberga il Sé, la Scintilla Divina.

Anche Gesù, ci aveva ricordato che il regno di Dio è dentro di noi. Finalmente anche la scienza è arrivata a comprendere che nel microcosmo c’è il macrocosmo, e viceversa. Per questo ciò che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi e a Dio.

Facciamo un’altra analogia: paragoniamo Dio all’Oceano e le sue singole gocce alle anime individuali. Le gocce, evaporando, diventano nubi, pioggia, rigagnoli, torrenti, fiumi, ed infine ritornano ad immergersi nell’Oceano, riperdendo la coscienza individuale.

Ogni goccia dell’Oceano è della sostanza di tutto l’Oceano, e ogni uomo è fatto della stessa sostanza del Padre. Ma quando un’anima prende un corpo fisico perde la consapevolezza di essere un tutt’uno con il Tutto.

Se riempiamo d’aria un palloncino, l’aria contenuta nel palloncino è la stessa che c’è ovunque, ma si sente separata dal resto, proprio perché quel sottile strato di gomma che ha preso un nome (palloncino) ed una forma (sfera), la fa sentire separata, rinchiusa e limitata.

Il palloncino rappresenta l’ego: l’illusione che ci fa sentire separati dal tutto.

Possiamo paragonare l’ego, come diceva Sai Baba, al codino del girino: gli serve finché non cresce. Senza il suo codino il girino morirebbe. Ma quando diventa adulto e si trasforma in rana, il codino non gli serve più, anzi, gli è di intralcio e per questo si stacca.

La coscienza egoica serve per far tutta una serie di esperienze e anche salvaguardare la propria incolumità fisica. Ma quando l’anima è evoluta, l’ego diventa il suo peggior nemico, perché gli impedisce la fusione con il Tutto, il ritorno all’UNO.

Quando prendiamo un corpo fisico con un nome ed una forma individuale che ci contraddistingue, dimentichiamo Chi siamo in realtà.

L’argilla è la sostanza di cui sono fatti i vasi di dimensioni e forme diverse. Quando le mani del Grande Artista (Dio) finiscono di plasmare il vaso, quest’ultimo dimentica di essere argilla e si immedesima con la forma che ha appena assunto ( con il corpo fisico) e da qui nascono tutte le difficoltà, i dolori e le miserie umane. Noi tutti dovremmo sempre identificarci con il nostro Sé: la scintilla divina in noi, mai con il corpo che è solo un veicolo, un’automobile per l’anima.

Più un’anima è evoluta, più esprime Amore Divino, più riconquista la consapevolezza dell’Unità con Dio, perché annichilisce il proprio ego. E’ come se una tale anima avesse bucato da tempo “quel palloncino”, di cui parlavamo prima, che fa sentire separati i normali esseri umani.

Un’anima elevata che ama incondizionatamente, che vive costantemente nel pensiero di Dio, nella misericordia, nella compassione e , quindi, nell’empatia con tutti, non ha più barriere che la possano limitare.

Quando una creatura diventa consapevole di ciò che è in realtà, la forma assunta non le impedisce più di immedesimarsi con ciò che è sempre stato e sempre sarà.

Un Avatar è un realizzato in vita, cioè Colui che vive costantemente nello stato di piena consapevolezza della Propria Realtà Divina.

Un Tale Essere è libero dai limiti dello spazio-tempo di questa dimensione terrestre e lo dimostra con le Sue Capacità Divine.

 

Alla luce di quanto sopra esposto, cosa significa, quindi, evoluzione? Significa ricordarsi sempre più chi siamo.

Tutti viaggiamo da noi stessi verso noi stessi. La strada è solo una metafora per indicare il processo della rimembranza. Gli Avatar, i Maestri Spirituali vengono per ricordarci la Verità su noi stessi.

Non pecca di mancanza di umiltà chi ricorda a se stesso di essere un tutt’uno con Dio, anche perché un tale saggio sa che ogni uomo, ogni creatura è un’Incarnazione di Dio, non certo solamente lui! Per questo  ama,  onora  e  rispetta tutti.

Sappiamo che il pensiero è uno strumento potente. Non riusciamo a manifestare la nostra Divinità se pensiamo di essere separati da Dio, se Lo immaginiamo lontano e irraggiungibile. Per questo Sai Baba ci diceva che il mantra più proficuo era quello di ripeterci: “ Io sono Dio, Io non sono diverso da Dio”.

Poiché siamo tutti Incarnazioni Divine la capacità di manifestare le qualità divine è insita in noi, ma dipende dal grado di consapevolezza (rimembranza) raggiunto.

Il bambino di un anno ha , in potenza, la capacità di andare in bicicletta, di disegnare e fare tutto ciò che fa la madre. Egli seguendo sempre la madre, osservandola ed emulandola, col tempo imparerà a fare ciò che lei fa.

L’Avatar, quando scende sulla Terra, è per noi la Madre venuta ad insegnarci, venuta perché potessimo seguirla ed emularla.

 

Oltre agli insegnamenti metafisici, che potremmo chiamare “i misteri maggiori”, Sai Baba è venuto a darci un insegnamento etico, adatto al nostro periodo storico. Egli ci ha indicato la via per vivere seguendo i cinque valori umani universali: Verità, rettitudine, Pace, Amore e Non violenza.

Ci ha insegnato a raggiungere la Realizzazione del Sé (La Salvezza, per i cristiani), senza doverci rifugiare nella foresta, come facevano gli eremiti di un tempo, ma nelle nostre città,

nella realtà di tutti i giorni. Egli ci diceva:

 

Incomincia il giorno con Amore.

Riempi il giorno con Amore.

Trascorri il giorno con Amore.

Concludi il giorno con Amore:

ecco la Via verso Dio.

 

Ci ha sempre suggerito diverse discipline spirituali per purificare la mente e quindi far emergere la Divinità latente in noi. Non ha mai smesso di ricordarci la grande efficacia del Namasmarana, cioè della ripetizione del Nome di Dio, della meditazione e del servizio altruistico. Poiché per arrivare a percepire Dio, il nostro contenitore interno deve essere vuoto e pulito. Se si mette dell’acqua di sorgente in un secchio sporco, l’acqua si sporcherà. Per avere acqua pulita, bisogna prima lavare il secchio.

Ebbene, l’Insegnamento etico di Sai Baba ha la funzione di pulire il secchio (la mente) in modo che la Sapienza Divina possa essere accolta, assimilata e vissuta.

 

Sapendo che tutto è Uno, ecco che vivere i valori umani di Verità, rettitudine, Pace, Amore e Non violenza, diventa per noi, non più una scelta di “buonismo”, ma una necessità imprescindibile, un modo naturale e spontaneo per vivere da autentici esseri umani, per vivere nella gioia e quindi anche nella salute.

L’uomo che vive nell’ignoranza di questa Eterna Verità, fa la guerra a se stesso, non ama se stesso, non aiuta se stesso.

Se vogliamo vivere veramente felici non abbiamo altra strada diversa dall’Amore disinteressato; e per Amore disinteressato intendiamo quell’Amore che dà per il solo piacere di dare, senza aspettarsi i frutti dell’azione.

L’aspettativa crea delusione; la delusione porta alla rabbia e all’ira; la rabbia porta alla malattia, alla depressione, all’infelicità.

Quindi non abbiamo altra scelta: solo l’Amore completo e disinteressato ci libera da ogni male.

Il Dr. John Hislop, un devoto americano di Sai Baba , suggeriva l’esercizio della “Visione del Divino” per riuscire ad amare anche coloro che hanno un brutto carattere, o comunque caratteristiche poco piacevoli.

Quando vediamo una persona che ci viene incontro, visualizziamo all’altezza del suo cuore la Forma Divina a noi più cara: Gesù, Krishna, Sai Baba, o un’altra forma.

Non importa se la persona ha un brutto carattere, a noi non interessa la scorza amara che potrebbe avere intorno, ma solo il suo nucleo centrale, la sua dolce polpa che, come ogni frutto, anche ogni essere umano nasconde nel proprio cuore.

Come già detto, l’Energia Divina è la medesima in tutti, soltanto che in alcuni corpi è più palese anche all’esterno. Possono esserci due lampadine uguali, ma una è ricoperta da uno strato molto spesso di polvere e quindi emana meno luce; ma all’interno la luce è la stessa. L’Avatar è venuto anche ad insegnarci come togliere quella polvere dalla nostra “lampadina” affinché la nostra Divinità si palesi anche all’esterno. Poi, ogni lampadina ripulita aiuta anche le altre a fare altrettanto: così la Luce si aggiunge a sempre più Luce.

Con il nostro modo di fare possiamo aiutare anche gli altri. Per questo Il Maestro, inizialmente ci diceva “La mia vita è il mio messaggio”, per aggiungere, poi: “La vostra vita è il mio messaggio!”.

Quando sappiamo e ancor più percepiamo che  ogni persona, anche quella che può sembrare la più spregevole, è un’Incarnazine del Principio Divino, non possiamo più odiarla,o criticarla, o disprezzarla, o semplicemente ignorarla.

Come riuscire ad amare tutti, anche quelli lontani da noi e che non conosciamo?

Semplice: poiché Dio è in tutti, pensiamo sempre più a Lui in modo da innamorarci sempre più di Lui. Sarà come dare l’acqua alle radici di una grande pianta: arriverà ad ogni singola foglia!

Il potere della devozione è immenso, ma ne parlerò dettagliatamente in un prossimo capitolo.

 

Tornando all’Insegnamento dell’Avatar della nostra era, possiamo dire che Sai Baba è venuto a sintetizzarci e semplificarci il messaggio profondo di tutte le sacre scritture, con un linguaggio contemporaneo, non ancora tagliato o modificato.

Ecco alcuni concetti del Suo insegnamento, da vivere quotidianamente:

 

AMA TUTTI E SERVI TUTTI

LA SEPARAZIONE E’ UN’ILLUSIONE

TUTTO E’ UNO, TUTTO E’ DIO

AMA TE STESSO PERCHE’, COME TUTTI, ANCHE TU SEI DIO

PENSA A DIO E ALLA TUA NATURA DIVINA IL PIU’ POSSIBILE

NON IDENTIFICARTI CON IL TUO CORPO, MA SOLO CON IL TUO SE’,

COSI’ REALIZZERAI IL DIVINO CHE E’ IN TE

Sai Baba ci suggeriva, fin da quando era Bambino, di ripetere il Nome di Dio il più possibile, proprio per ricordarci costantemente Chi siamo e manifestare Quello.

Ovviamente non serve a niente ripetere il Santo Nome meccanicamente, senza Amore.

E’ il sentimento dell’Amore che trasforma la preghiera in realtà!

L’Amore espande la nostra consapevolezza e ci fa raggiungere le Vette Divine.

Dice Sai Baba: “ IO sono Dio, ma anche tu lo sei. La differenza fra me e te è che io ne sono completamente consapevole, tu ancora no”.

Espandiamo, quindi , la nostra consapevolezza, amando tutto e tutti!

Ecco ancora le parole di Swami:

 

C’è una sola religione: la religione dell’Amore

C’è una sola casta: la casta dell’umanità

C’è un solo linguaggio: il linguaggio del cuore

C’è un solo Dio: Egli è onnipervadente

 

Un altro concetto che il Maestro ci ha sempre ricordato è che tutto ciò che pensiamo, diciamo o facciamo, ci torna indietro come un boomerang. La legge del karma vuole che tutto ciò che si semini si raccolga; se non in questa vita, nella prossima.

Per questo la non violenza verso le altre creature è anche non violenza verso noi stessi.

Adesso chiediamoci: Abbiamo il coraggio di essere ciò che siamo, ovvero Divini?

Qual è la cacciata dal paradiso terrestre? Qual è il nostro primo peccato?

E’ non riconoscere la nostra Natura Divina e non vivere in conformità ad Essa!

 

Amando Dio, amandolo in tutto ed in tutti, amandolo in noi stessi il più possibile, vedremo “spuntare le ali” dietro le nostre schiene. Ci sentiremo leggeri, ci sentiremo felici, ci sentiremo proprio “ Da Dio”!

La vita di Sai,

il messaggio di Sai,

l’insegnamento di Sai,

gli ideali che Sai rappresenta,

tutto è racchiuso in una sola parola:

AMORE!

Written by amaeguarisci in: Articoli |
Feb
11
2014
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BAGAWAN SRI SATHYA SAI BABA

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Olio su tela 25 x35  -anno 1997 –
CLICCARE SULLA FOTO PER UNA VISIONE COMPLETA DELL’OPERA

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Feb
11
2014
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RIGENERARSI CON LA NATURA

 

Ciao Amici!

C’è qualcosa di straordinariamente magico nello stare da soli a contatto con la natura. Com’è bello percepire di essere un tutt’uno con il tutto: con la terra, gli alberi, gli animali!  Che senso di espansione, di potenza, di gioia!

Appena abbiamo un po’ di tempo libero concediamoci un appuntamento con Madre Natura. Non perdiamo tempo prezioso ubriacandoci nel caos cittadino con lo shopping o con attività o relazioni che ci tolgono energia, lasciandoci più vuoti di prima. Com’è prezioso quel poco tempo che riusciamo a stare in solitudine ad ascoltare il canto degli uccelli, il rumore del vento; a percepire con tutti i nostri sensi gli elementi di cui il nostro stupendo pianeta è costituito!

Se prendiamo l’abitudine di darci appuntamento con Madre Natura ad ogni momento libero che abbiamo a disposizione, presto scopriamo che tale è la gioia, l’amore, il senso di pienezza che proviamo, che è come avere un appuntamento con l’innamorato.

Lo stesso appuntamento possiamo averlo con un albero che particolarmente ci attira, con l’acqua di un torrente, con una roccia, ma anche con un panorama. Sì, proprio così, sto dicendo che guardare una montagna maestosa, il mare, una cascata, un prato fiorito o qualsiasi altra cosa attiri il nostro sguardo per la sua bellezza e potenza, si traduce in nutrimento che entra nel nostro corpo energizzandolo.

Tutto ciò che guardiamo, contempliamo,  ascoltiamo; tutto ciò su cui si ferma la nostra attenzione diventa parte di noi. Di fatto ci nutriamo con tutti i nostri sensi.

Possiamo abbracciare un albero e sentire, dopo un po’, un leggero formicolio nel palmo della mano: è la linfa che scorre nel tronco, è l’energia che da quel nostro amico, vivente come noi,scaturisce. Se facciamo attenzione al nostro respiro, ci accorgiamo che questo cala, diventa sempre più lento, perché nutrendoci dell’energia dell’albero, ci occorre meno ossigeno. La stessa cosa succede se ci sdraiamo su un prato con le mani che toccano la terra, cercando consapevolmente il contatto con essa: anche in questo caso dopo qualche istante il nostro respiro diventa sempre più leggero, quasi impercettibile!

In quel momento siamo collegati al tutto, al serbatoio inesauribile di energia di cui tutto è formato.

Nei miei anni di malattia, passando molto tempo sotto gli alberi mi si era aperto un mondo con il quale, prima, non mi rendevo conto di essere in contatto. Fu allora che iniziai a percepire le vibrazioni e a mettermi in sintonia con la natura. Mettermi in sintonia significava, ad esempio,  guardare la montagna di roccia, in quel momento la mia attenzione, come il selettore di una radio, era focalizzata su quel “programma” ed io, di fatto, percepivo la forza che quella roccia magnetica emanava. Chiudevo gli occhi ed ascoltavo con attenzione il rumore del vento, oppure appoggiavo le mani per terra e immediatamente il respiro calava, quasi fino a sparire del tutto. La stessa cosa succedeva se, rilassandomi profondamente, cercavo di mettermi in contatto con il mio Sé, con la Luce che è dentro di me . I miei esperimenti fugavano la paura degli improvvisi cali di energia: come potevo rimanere senza energia, quando io stessa ne ero una fonte e quando tutto intorno a me vibrava?

Guardavo con amore l’albero sotto il quale ero sdraiata, ne ammiravo la bellezza, lo amavo, appoggiavo la mano sul tronco e subito percepivo la sua forza. Dopo qualche secondo, mentre il respiro diventava quasi impercettibile, sentivo un calore provenire dal tronco, e se staccavo la mano e la tenevo a cinque o dieci centimetri di distanza, potevo percepire ancora quel flusso di calore che continuava ad uscire per qualche secondo ancora. A volte appoggiavo la mano sinistra sul tronco dell’albero e la destra sulla testa e, se inizialmente dovevo tenere la mano sinistra in quella posizione con un atto volontario, utilizzando la forza dei muscoli del braccio, mi accorsi ben presto che potevo anche addormentarmi, ma la mano non si staccava! Infatti il passaggio del flusso di energia dal tronco dell’albero alla mia testa, faceva sì che la mia mano vi rimanesse quasi incollata . Il mio corpo diventava un conduttore elettrico e, finché non toglievo “la spina dalla presa”, si alimentava con quella batteria. Era sorprendente!

Ma la stessa cosa succedeva, come ho già detto, se in perfetto silenzio sprofondavo nella mia Luce.

Se inizialmente avevo bisogno di cercare sicurezza all’esterno, più il tempo passava, più diventavo consapevole della “centrale elettrica” che era in me. Mi bastava allora chiudere gli occhi in profondo rilassamento per vedere affiorare la mia luce interiore, come una stella luminosa, fra le sopracciglia. Poi mentalmente facevo scivolare questa luce nella varie parti del corpo affinché venissero, da questa, purificate ed energizzate.

 

Restando molto tempo col naso all’insù sotto gli alberi, incominciai a veder l’aura delle piante, delle rondini in volo, del tetto di una casa, ecc…Ogni cosa emanava luce ed in modo differente. Delle rondini, ad esempio, vedevo tre aure. Una che usciva dal corpo di pochi centimetri, una di 20 o 30 cm. di diametro, ed una di più di un metro di diametro. A volte la rondine si alzava così in alto che con i miei occhi non vedevo più il puntino nero contro il cielo blu, ma continuavo a vedere la sua aura più grande come un cerchio di azzurro più chiaro in mezzo al cielo, potevo , così, continuare a seguire i movimenti della rondine in questo modo.

Mi accorgevo che ogni albero aveva la sua aura, ma che un boschetto intero ne aveva una unica e più grande. Allo stesso modo capivo, quindi, l’aura di una intera città. Comprendevo anche perché, passando ad esempio in autostrada vicino ad un grosso centro urbano, il mio corpo, allora molto debole e sensibile, soffriva, come avvolto da un nebbia di inquietudine,di tristezza, di nervosismo che entrava in me e che, come era arrivata, così si dileguava non appena la strada si snodava fra colline alberate e campi fioriti.

Vedevo i fili di luce che legavano un albero all’altro e mi rendevo conto che stando lì, in mezzo a loro, anch’io entravo a far parte del loro gioco di intrecci di luce. C’era uno scambio d’amore fra noi che si poteva anche vedere con gli occhi!

Una sera d’inverno, all’imbrunire, andai nel boschetto di robinie vicino casa. Mi appoggiai ad un tronco per una preghiera e rimasi ad ascoltare il silenzio, rotto solo da qualche leggero fruscio  causato da qualche creaturina che si muoveva nel sottobosco. In quello stato di rilassamento profondo iniziai a notare che tutt’intorno ai tronchi ed ai rami, c’era una luce multicolore. A volte era blu, a volte arancione, poi verde, rosa, gialla, viola. Quegli alberi spogli, quei tronchi neri, celavano tutti i colori dell’arcobaleno! Ma soltanto se lo sguardo si posava leggero, quasi perso nell’orizzonte, nel profondo rilassamento, questo mondo multicolore e luminoso si schiudeva ai miei occhi. Se invece volevo vedere a tutti i costi,non vedevo quello spettacolo, perché utilizzavo i miei sensi normali, quelli programmati per  una percezione esteriore delle cose.

Quando nulla chiedevo e mi lasciavo andare in una condizione di pace e amore, l’invisibile diventava visibile.

Fin da bambina avevo notato, guardando il cielo quando questo era di colore uniforme, che la natura mi donava uno spettacolo di una danza straordinaria: innumerevoli puntini luminosi guizzavano, si rincorrevano come tanti piccoli spermatozoi. A volte si aggregavano in una luce più grande e sparivano in questa. Seguivano un proprio ritmo, un’armonia. Ma quando decidevo di continuare a seguirne uno, o un gruppetto, questi cambiavano direzione, formando una nuova danza.

Avevo sempre creduto che si trattasse di minuscoli organismi, microbi, che danzavano come fanno i moscerini in uno spiraglio di sole, prima del tramonto, per esprimere la loro gioia per un  ultimo regalo di calore prima di affrontare il gelo della notte o, forse, prima di lasciare quel loro minuscolo corpicino e riunirsi al tutto.

Allora ne parlai con il mio amico Angelo, Il medico olistico che il cielo mi aveva mandato per tirarmi fuori dai guai. Egli mi disse che quei puntini luminosi che avevo sempre visto non erano altro che prana, l’energia cosmica intelligente nella fase precedente la materializzazione, e mi assicurò che sono in molti a vederla.

Vidi, in seguito, come, al ritmo di musica, il prana si muova in veri e propri balletti armoniosi.

Una sera ascoltando la musica al buio, dopo aver raggiunto quello stato di calma mentale che mi aveva già aperto, in altre occasioni, le finestre per accedere al mondo invisibile, incominciai a vedere un fascio di luce che si muoveva a ritmo di musica: infatti… era proprio la musica!

Che bella scoperta! La musica è luce danzante! Allora capii appieno la validità della “musico-terapia”, di cui Angelo mi aveva parlato. Si tratta di far entrare coscientemente l’energia della musica nel corpo, chiedendole di portare armonia là dove ci fosse stata disarmonia, di sciogliere le tensioni e i blocchi energetici, di risvegliare zone “sonnacchiose”… ecc. Ora non solo ascoltavo la musica, ma la vedevo anche!

 

E’ per me meraviglioso restare sdraiata sull’erba col naso all’insù, guardare le nuvole che si muovono in cielo, le chiome degli alberi che svettano nel blu. E’ Bello lasciare andare ogni pensiero e ritrovarsi ad ascoltare il proprio respiro che inesorabilmente ci ripete:” So ham  So ham So ham…” (in sanscrito significa: Quello Io sono: dove Quello sta per Dio). Il nostro respiro ci ripete continuamente la più grande verità che tutti gli Avatar e tutti i mistici ci hanno trasmesso: Io sono Dio!

Sai Baba ci ha sempre detto che non c’è mantra  o preghiera più efficace del ripeterci questa grande Verità:” Io sono Dio! Io sono Dio!Io sono Dio!” Alla fine rimarrà solo “ IO”, quell’IO SONO che tutto pervade. Le preoccupazioni se ne vanno, come le nuvole che passano e come il vento che non lasciano traccia nell’azzurro del cielo.

Cos’è la poesia ? E’ ciò che affiora quando la mente tace, quando diveniamo un’unica cosa con tutto ciò che ci circonda.

Qualcuno pensa che sia una perdita di tempo stare lì, con Madre Natura, a ricordarci chi siamo. In un mondo dove si pensa solo a nutrire il corpo, a volte di ogni schifezza innaturale, o al massimo la mente, con ogni sorta di libri, nozioni, film ecc., siamo portati a pensare che trovare pochi minuti per nutrire lo spirito sia una perdita di tempo.

Troppi impegni, troppi affari, troppe false necessità! Riempiamo le ore preziose della nostra giornata con tutto ciò che spesso ci allontana sempre più dalla Verità. Siamo diventati come quegli aspirapolvere senza filo che pretendono di continuare a fare il proprio lavoro senza  concedersi un po’ di tempo per riattaccarsi alla base, per ricaricarsi di energia. La stanchezza spirituale e psichica è tale che molti non riescono più a dormire; l’ansia la fa da padrona , e così anche il corpo precipita.

Spesso coscientemente o inconsciamente sfuggiamo i momenti di silenzio e di introspezione per paura di ciò che potrebbe venire a galla. Infatti all’inizio del nostro procedimento di rilassamento profondo vediamo affiorare i nostri “rifiuti” emotivi: le nostre paure, i nostri sentimenti negativi, i nostri dolori, le nostre frustrazioni, il nostro senso di inadeguatezza, il nostro orgoglio, la nostra superbia, la nostra incapacità di amare e rispettare… meglio darsi all’iperattività, che per molti equivale a darsi alla fuga; per molti è un modo di sfuggire al processo di miglioramento, proprio per non essere costretti a constatare a che punto siamo. E’ anche un modo subdolo per cercare di acquietare la propria coscienza.” Ho fatto questo e quest’altro… oggi ho lavorato tantissimo… ho fatto volontariato… sono una persona che vale….”. In un mondo che misura il valore di una nazione con la quantità di produzione industriale , è difficile comprendere quanto  produca in termini di pace dell’ambiente circostante, in termini di amore, di serenità, una persona che purifica la propria mente nel silenzio, nella meditazione, nella preghiera.

Eppure è solo questo tipo di persona che può fare il vero servizio altruistico! Solo chi nutre giornalmente anche il proprio spirito può sfamare chi di pace, di amore, di tranquillità ha tanta fame. Ed è questa la fame più diffusa sul pianeta! La fame di luce in un mondo buio, la fame di speranza in un mondo di disperazione, la fame di sorrisi in un mondo di tristezza. Come pretendiamo di sfamare gli altri se siamo noi i più disperati?

 Tornando al concetto che per molta gente trovare un po’ di minuti per stare a contatto con Madre Natura sia una perdita di tempo, mi viene in mente questa analogia.” Un aereo che deve arrivare in Australia ha bisogno di fermarsi  in diversi aeroporti per ricaricare il carburante. Può il pilota decidere di non fermarsi nei vari scali perché non vuole perdere tempo?

Molte persone hanno nutrito solo il corpo e la mente, mai lo spirito, al punto da essere dei “morti viventi”. Nulla più li soddisfa, tutto è noia, tutto è pesante, al punto da non desiderare più vivere. Si pensa che una persona sia “realizzata” se ha raggiunto quei parametri di ricchezza materiale che si è prefissata.

La maggior parte della gente che ignora il vero scopo della vita, la trascorre affannosamente per cercare di raggiungere quello standard di benessere materiale che i mass media  propongono. Poi arriva alla vecchiaia con una casa, soldi in banca, figli e nipoti. Alla prima malattia incomincia a ad aver paura della morte ed incomincia a chiedersi che senso ha avuto tutto il suo affannarsi per accaparrare sempre più soldi se poi tutto deve essere lasciato. Sai Baba porta sempre l’esempio del grande  Carlo Magno che diede disposizioni ai suoi servitori di lasciare il suo cadavere nella bara con le mani aperte, per testimoniare a tutti che anche un grande imperatore muore a mani vuote, senza portare nulla di materiale nella nuova vita che l’attende.

Ciò che possiamo portare con noi è solo il nostro carattere, ed il nostro karma: quello che abbiamo pensato, detto, fatto, nel bene e nel male, diventa la catena al collo con la quale ritorneremo nella nostra prossima incarnazione, se ancora non abbiamo completato il cerchio della vita. La  vera realizzazione è la realizzazione del Se’. E’ uno stato di consapevolezza. La consapevolezza di essere Dio.

A volte quando leggiamo un libro che ci dà spunti di riflessione, siamo tormentati da un senso di sfiducia e di frustrazione pensando che è troppo difficile poter attuare così tanti suggerimenti, è troppo faticoso ristrutturare la nostra giornata tipo per inserire dei cambi di abitudine. Ma quanto più faticoso è combattere, in seguito, se non cambiamo strada, la depressione, la malattia che ci fa sentire deboli e impotenti?

Non c’è bisogno di fare tutto in una volta. Basta iniziare da una buona sana abitudine e, poco per volta, inserirne un’altra. Quello che può dare più aiuto di tutti è iniziare con una fervida e sincera preghiera al nostro Sé, cioè a Dio: “Aiutami a dare una svolta alla mia vita, affinché quando giungerà il momento di lasciare il corpo io sarò soddisfatto di come avrò vissuto. Guidami ad ogni passo, affinché abbia sempre le informazioni giuste al momento giusto. Grazie per tutto quello che mi hai dato, mi dai e mi darai! Tienimi sempre per mano! Ti amo!”.

Non dimentichiamo le parole del Maestro che, da quando era bambino, sempre ci ripeteva:” In questa era il modo più semplice e veloce per giungere a Dio è la ripetizione del Suo Santo Nome con amore sincero”.

Scegliamo, quindi, il nome che a noi è più familiare (Gesù, Maria, Rama, Krisna, Sai Baba, ecc.) e teniamolo sempre nel sottofondo della nostra mente, ripetiamolo, cantiamolo tutte le volte che ci è possibile!

Noi siamo Quello! Siamo meravigliosi! Non dimentichiamocelo mai!

 

Written by amaeguarisci in: Articoli |
Feb
10
2014
-

UN PO’ DI POESIA

NEL PALMO DELLA TUA SANTA MANO

 Come un pulcino

bagnato,infangato,incatramato

mi hai preso nel palmo

della tua santa mano.

Con tanta pazienza

mi hai ripulito,

con tanta tenerezza

mi hai riscaldato,

con tanto amore

mi hai nutrito.

 Io sono quel pulcino beato

nel palmo

della tua santa mano.

COME IL SALMONE

Come al salmone,

che con grande forza risale la corrente,

donami, Signore, tanta energia

per ritornare fra le tue braccia,

per ritornare a Te,

mia Sorgente.

PIU’ BIMBA

Più il tempo passa

e più bimba mi sento.

Libera da maschere

apprezzo ogni momento.

Non c’è più il senso del dovere,

ma nemmeno la rincorsa del piacere.

Mi lascio scorrere,

mi lascio amare,

come l’acqua del fiume che

felice

torna al mare.

 

AMICI DI DIO

Alziamo le mani al cielo

e poi forte forte Ti abbracciamo.

Siamo felici, sempre più felici,

felici di essere da sempre

Tuoi amici!

 

Written by amaeguarisci in: POESIE |
Feb
09
2014
4

Noi gocce del Tuo Mare

Per iniziare ho inserito una mia canzone che riassume il concetto che ho della vita. Buon ascolto!

Written by amaeguarisci in: canzoni |

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