Mar
03
2014

SORELLA MORTE

SENTIERO NEL BOSCO

Cari amici, oggi parliamo di un argomento che molti vorrebbero evitare, ma la morte è l’unica cosa certa della nostra vita. Ci conviene affrontare questo argomento:

La morte… cos’è la morte? Della morte hanno tutti paura. Della morte non si parla volentieri.  Viene definita una disgrazia, viene vissuta come un’ingiustizia. Quanta poca conoscenza, quanta confusione regna su questo argomento! Eppure è l’unica cosa certa della nostra vita, di quella dei nostri cari, della vita di tutti e di tutto.

Il corpo è come una macchina che l’Anima prende in prestito per fare un tragitto del suo lungo viaggio di ritorno a Dio, o meglio: di ritorno alla Consapevolezza di essere Dio. Quando quel piccolo tragitto è giunto al termine (la nostra attuale vita), la macchina va restituita a Colui che ce l’ha prestata. Non è mai stata nostra! E’ solo stata una concessione speciale per fare un’esperienza molto importante. L’abbiamo presa a noleggio per la nostra “gita terrestre”.

Dice Sai Baba che la nascita in un corpo umano è un dono ardentemente desiderato dalle anime dei cieli più elevati: è una grande opportunità per concludere il viaggio del ritorno all’UNO.

Quando un’automobile è rotta, cerchiamo in tutti i modi di aggiustarla, se sappiamo di non essere ancora giunti alla tappa che ci eravamo prefissati di raggiungere. Gli Avatar scendono per ricordarci le istruzioni d’uso di questa splendida vettura chiamata “corpo”. Purtroppo troppo spesso ignoriamo i Suggerimenti Divini e con le nostre abitudini sbagliate permettiamo che la nostra “macchina meravigliosa” abbia dei guasti. Ma se, nonostante tutti i tentativi del meccanico, la macchina che ci è stata affidata non può riprendere la corsa, cosa facciamo? Semplicemente ne prendiamo in prestito un’altra nuova, che ci permetta di raggiungere la Meta.

Scendiamo dalla vecchia macchina ormai inservibile, e saliamo su quella nuova che il Noleggiatore ci ha assegnato e che sarà adatta al tipo di percorso che ci resta da fare.

Questo è il concetto di morte e reincarnazione.

Ovviamente, se abbiamo già raggiunto la Meta non ci occorre più un’altra macchina a noleggio. Se lo scopo è raggiunto, non occorre più alcun mezzo.

Questo è il concetto di “liberazione”, o “nirvana”, o “moksa”, o realizzazione del Sé, comunque si voglia chiamare il Raggiungimento della Meta, cioè Dio.

Il fatto che la nostra vecchia macchina sia in rottamazione (morte del corpo fisico), non significa che noi siamo in rottamazione! Noi non moriamo mai! Semplicemente cambiamo vettura, o il vestito, se vi piace di più questo paragone.

E’ chiaro che noi non siamo il nostro corpo, e per questo non dobbiamo mai identificarci con esso. Tutti i dolori, tutte le ansie, tutte le preoccupazioni, derivano dall’identificazione con il proprio corpo fisico e dall’attaccamento ad esso.

Certamente dobbiamo imparare ad avere la massima cura di questo bene prezioso che ci è stato dato in prestito, ma con il giusto distacco.

Se qualcuno che incontriamo per la prima volta ci chiede chi siamo, non rispondiamo: “Sono una panda quattro per quattro, di colore rosso.” Sarebbe davvero ridicolo! Eppure la maggior parte della gente si identifica con il proprio corpo al punto da averne un attaccamento morboso, al punto da non accettare che invecchi, che si deteriori; né il nostro né quello di chi ci sta a cuore.

Per alcune persone nessuno dovrebbe morire, nessuno dovrebbe invecchiare, il tempo dovrebbe fermarsi, e noi dovremmo restare tali e quali. Che noia! Che angoscia! Noi che siamo nati per continuare il nostro percorso evolutivo, non possiamo immaginare una tale immobilizzazione. Sarebbe come fare la parte della  “bella addormentata nel bosco”, che aspettava che qualcuno la risvegliasse, che qualcuno facesse riscorrere il tempo bloccato.

Noi tutti abbiamo la presunzione di sapere quanto lungo dovrebbe essere il tragitto che un’anima deve percorrere con la sua macchina corporea in questa sua vita terrena. Secondo la nostra logica tutti dovrebbero vivere almeno novant’anni e comunque finché la macchina non diventi così vecchia da essere assolutamente inservibile.

Ma se andiamo in gita in un paese straniero e lì affittiamo un’auto per arrivare dall’aeroporto alla capitale, una volta giunti alla meta non continuiamo ostinatamente a girare intorno alla città aspettando che la macchina si logori al punto da non muoversi più.

Insomma, una volta giunti alla Meta la macchina non ci serve più! Ed è sacrosanto restituirla al noleggiatore con un grazie ed un inchino.

Avete pensato con quale moneta dovremmo pagare il Noleggiatore per l’uso del prezioso mezzo?

L’unica cosa che ci richiede in cambio è il nostro amore: vero, profondo, sincero; e la nostra gratitudine. Invece, il più delle volte, la gente Lo ripaga arrabbiandosi, brontolando, o addirittura bestemmiando.

Se la macchina si rompe prima del tempo non è colpa del Noleggiatore. Sta a noi prendercene cura con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Dobbiamo metterci il giusto carburante (il cibo più adatto), dobbiamo usarla alla velocità prevista, evitando sia il disuso, che ingripperebbe il motore, sia l’abuso che lo logorerebbe e dobbiamo difenderla dai pericoli esterni: i guidatori scapestrati delle altre vetture o le strade impervie che si percorrono. E se siamo arrivati alla Meta e la macchina non ci serve più, a maggior ragione non dobbiamo prendercela con il Noleggiatore se se la riprende! Anzi, dobbiamo ringraziarlo per le giuste indicazioni che ci ha fornito e che ci hanno aiutato ad arrivare rapidamente alla Meta.

Tutta questa parodia è per ricordarci che ci sono anime che sono così vicine alla Meta, così vicine alla “Casa del Padre”, da aver chiesto in prestito il corpo per un tempo molto breve. Queste sono le anime antiche, mature e benedette di alcune persone che lasciano da giovani, o addirittura da bambini, il corpo fisico perché finalmente, dopo numerose esperienze, hanno chiuso il “cerchio della Vita”. Sono angeli scesi nel piano terrestre per un breve tempo, perché a loro bastava solo quel brevissimo tempo  per il raggiungimento della Meta. Certamente non tutti coloro che lasciano il corpo fisico in giovane età sono già arrivati all’unione con Dio. Ogni anima ha un suo disegno di vita, legato al karma che si trascina dalle vite passate. Ognuno ha prove diverse da dover sperimentare prima di tornare alla “Fonte”. Fra le tante prove vi è spesso quella della malattia, o di un’interruzione prematura della vita.

Il bambino piange quando nasce, mentre tutti i suoi parenti ridono. Quando l’anima lascia il corpo, invece, ride, mentre tutti i suoi parenti piangono. Questa è l’assurdità della vita che ci fa dimenticare chi siamo, da dove veniamo, perché viviamo e dove andiamo.

La goccia d’acqua dal Mare evapora e poi diventa  nuvola, pioggia, rigagnolo, fiume e, infine, ritorna al Mare da cui è nata. Allo stesso modo l’Anima individuale si stacca dall’Uno prendendo una forma propria. Fa tutto un percorso per ricordarsi Chi è, per tornare alla consapevolezza di essere il Tutto: l’Uno senza secondo. Questo percorso lo fa in più vite, con più macchine (corpi). Come un alunno frequenta tante classi scolastiche prima di giungere alla laurea, così l’anima vive più vite per fare le più svariate esperienze che la riportino al ricordo ed alla consapevolezza di chi Essa Sia.

In alcune società altamente evolute del passato si dice che la morte fosse vissuta molto diversamente da come la vive l’uomo medio ai nostri giorni.  E’ vero che sono sempre esistiti saggi ed asceti in grado di decidere il momento in cui lasciare coscientemente il proprio corpo fisico, ma oggigiorno sono un’eccezione.

La tristezza per la perdita del corpo fisico del proprio caro, può diminuire pensando alla gioia che prova l’anima che si invola nella Luce al momento del distacco dalla prigione corporea che la limitava.

Senz’altro ci mancherà il corpo fisico di una persona cara. Ci mancherà la sua forma, il suo profumo, la sua voce, la sua energia, il suo abbraccio. Ma sapere che quell’anima che abbiamo tanto amato nel piano terrestre continua a vivere col suo corpo di luce; sapere che è nella gioia per la vicinanza a Dio o per la totale fusione con Dio, ci aiuta a superare prima il tormento del distacco fisico.

Certamente quello che ci fa immensamente soffrire è l’assistere, impotenti, alla sofferenza di un nostro caro; sofferenza che spesso precede la morte. Chi ha un cuore pieno di compassione non può rimanere insensibile alla sofferenza degli altri. Questo fatto ci dimostra che in realtà non esistono “altri”, che tutti siamo un’unica cosa, tutti siamo cellule del “corpo di Dio”.

La morte, in questo caso, viene come una liberazione dal dolore di entrambi.

Quando assistiamo impotenti al dolore di una persona cara, possiamo lenire la nostra sofferenza con la consapevolezza che nessun dolore è mai invano, nemmeno quello della persona che tanto amiamo. Quell’anima si sta purificando prima dell’incontro con la Luce; o sta purificando, con il suo sacrificio, coloro che hanno bisogno di questo nobile aiuto.

Se sapremo accettare il nostro dolore, nella consapevolezza che “non si muove foglia che Dio non voglia”, sapremo accettare anche quello degli altri. Ciò non significa essere cinici ed insensibili. Faremo sempre e comunque tutto ciò che è nelle nostre possibilità per aiutare a lenire il dolore di chi ci sta vicino, anche perché il suo dolore è il nostro stesso dolore. In questo caso quello che ci viene in aiuto è il distacco che nasce da un atteggiamento di totale abbandono alla Volontà Divina.

C’è una bella preghiera che dice:

 

Signore,

concedimi la serenità

di accettare le cose che non posso cambiare,

il coraggio

di cambiare quelle che posso,

la saggezza

di conoscerne la differenza.

 Ognuno di noi è giusto che si prepari per tempo a salutare le anime che lasceranno l’attuale corpo fisico prima di noi. Non sappiamo in anticipo chi sarà il primo ad andarsene. Potrebbe anche essere il più giovane della famiglia, o degli amici.

 Come possiamo prepararci a questo congedo?

Amiamo e serviamo tutti, ma sempre pronti a lasciare andare tutto e tutti, consapevoli che nessuno ci appartiene. Tutti sono compagni di viaggio concessici da Dio. Possiamo salire sul treno alla stessa stazione, ma c’è sempre chi scenderà alla fermata prima della nostra.

L’amore non imprigiona mai, l’amore non trattiene: lascia libera ogni anima di seguire la propria strada, anche se porta lontano dalla nostra.

Essere consapevoli che ognuno è guidato dal proprio Sé, ed avere, quindi, piena fiducia in Dio che alberga in tutti i cuori, ci libera da preoccupazioni inutili verso i nostri cari e ci libera anche dalla disperazione in caso di allontanamento fisico da chi tanto amiamo.

Possiamo prepararci al distacco fisico dai nostri cari con la conoscenza metafisica fornitaci, di era in era, dalle Incarnazioni Divine. Tuffarci nella Sacra Parola di Questi Tesori  ci fornisce una forza, uno scudo, un lenitivo, un antidolorifico, per affrontare prove che, altrimenti, ci distruggerebbero.

Vivere seguendo le indicazioni divine ci porta ad avere fiducia in noi stessi. Fiducia in sé stessi è fiducia in Dio, perché il nostro Sé è, in verità, Dio stesso.

Se abbiamo piena fiducia nel nostro Sé, sappiamo che non abbiamo bisogno di stampelle a cui aggrapparci per camminare: ognuno ha in sé tutti gli strumenti per bastare a se stesso. Non dobbiamo temere di non farcela senza una certa situazione o una certa persona. Dio, che provvede ad ogni più piccolo uccellino che vola in cielo, provvederà anche a noi che confidiamo in Lui, sempre! Non si dice, forse: “Dio vede e provvede.”?

Gli insegnamenti degli Avatar ci aiutano molto anche perché ci ricordano che il piano divino è sempre perfetto e la consapevolezza di questa perfezione ci aiuta ad accettarlo, anche se è doloroso.

Un giorno ognuno di noi vedrà questa perfezione, come quando un dipinto è finalmente terminato. Per ora ci viene richiesta solo la fede e la fiducia piena nella parola del Maestro che ci ricorda che quello che ci accade è sempre la cosa migliore che ci può accadere in quel momento, in base al progetto delle anime coinvolte nell’accadimento.

Come potremmo accettare lo strazio umano vissuto da Gesù e da tutti coloro che erano a Lui vicini, se non credendo ad un piano Divino ben più grande della nostra piccola comprensione umana?

Un altro grande aiuto, sempre donatoci dagli insegnamenti divini, è quello di considerare la vita come un breve sogno dal quale, presto, tutti ci risveglieremo.

Al mattino, quando ci svegliamo dopo un brutto sogno diciamo: “Meno male che era solo un sogno!”. Allo stesso modo, l’anima che lascia la condizione fisica terrestre si risveglia ad una diversa consapevolezza, sapendo che la vita appena vissuta era sia reale che irreale quanto lo è un sogno.

Non solo la vita è un sogno, ma è anche un gioco, una corsa ad ostacoli, nella quale l’anima si cimenta per aumentare la propria destrezza. Dobbiamo giocare seguendo le regole donateci dal Creatore del gioco, altrimenti ci tocca ripetere per più volte sempre lo stesso gioco, finché non le impariamo. Che noia! Che Scocciatura!

Possiamo considerare la vita anche come una rappresentazione teatrale. Anche se in questa vita svolgiamo la parte (sempre scelta dal nostro stesso Sé) di un miserabile, in realtà, come ci ricorda il Maestro, siamo tutti principi eredi al trono.

Se il Signore del Creato, il Re dei Re, è nostro Padre, anche noi accederemo alla Sua dimora, perché è già nostra per diritto di nascita.

Quando la rappresentazione di  una commedia finisce, gli attori vanno a mangiare la pizza tutti insieme, anche se nella rappresentazione qualcuno faceva la parte della guardia e qualcun altro quella del ladro. E prima di tornare sul palcoscenico, sentito il Regista, si mettono d’accordo per le scene successive da girare.

Così fanno le anime quando lasciano la dimensione terrestre e quando vi ritornano.

Noi tutti eseguiamo una parte che, anche se non ricordiamo più, abbiamo scelto di interpretare. Il nostro Sé (se preferiamo possiamo dire: Dio) ha scelto il luogo di nascita, cioè la sceneggiatura adatta, i genitori adatti, che sono i primi altri attori che incontriamo, e tutte le battute e le azioni previste dal copione con tutti gli altri personaggi.

Ogni vita umana è in realtà una splendida ed unica rappresentazione del Grande Regista dell’Universo. E’ vero che viviamo innumerevoli vite, ma con il corpo, il nome, ed il ruolo svolto in questa attuale, siamo unici e inconfondibili! Come lo sono i singoli pezzetti del puzzle, che vanno a collocarsi sempre al posto giusto per concludere il perfetto Disegno Divino.

Quando conosciamo profondamente il Messaggio del Maestro e la nostra stessa vita diventa il Suo messaggio, allora raggiungiamo quella discriminazione, quell’equanimità e quel distacco che ci fanno accettare profitti e perdite, lodi e biasimi, gioie e dolori con la stessa imperturbabile calma. Ecco perché il Signore scende: per donarci il Suo insegnamento; prima di tutto con il Suo esempio, e poi con la Sua Preziosissima Parola.

Certamente virtù come l’accettazione, l’equanimità e il distacco non si acquisiscono dall’oggi al domani. Di vita in vita l’anima le raggiunge superando prove sempre più grandi. Ma Dio risponde sempre alle nostre preghiere più pure! Se siamo determinati a voler conoscere e seguire gli insegnamenti del Signore, che scende di era in era proprio per indicarci la via, diventiamo sempre più come Lui ci vuole, ottenendo, così, una grande grazia, un inestimabile dono d’Amore Divino.

Con la Grazia di Dio possiamo rimanere, durante le tempeste della vita, come un ciocco di legno lasciato a galleggiare sulle onde del mare. Sarà sbattuto dagli alti cavalloni, ma rimarrà comunque tutto intero. Sarà imperturbabile, nella  sicurezza che, comunque, sempre ritornerà a galla, fino a che verrà portato, proprio dalle alte onde, alla riva che è la Sua Meta.

Molti hanno paura della morte perché temono di andare a finire in quello che definiamo inferno. Ma che cos’è l’inferno?

L’inferno, inteso come dannazione eterna, non esiste. Tutte le anime sono amate dal Padre, tutte concluderanno il cerchio. Ci saranno i recidivi che ci metteranno più vite, ma alla fine tutti, inevitabilmente, torneremo all’Uno. Perché mai si chiamerebbe così l’Universo? Perché tutto e tutti ritornano all’Uno: “verso l’Uno”. E’ questione di tempo, ma il tempo, così come lo conosciamo noi, esiste solo in questa dimensione terrestre.

Tutti i maestri dicono che esiste uno stato di consapevolezza, che prima o poi sperimenteremo, dove c’è solo l’onnipresente. Ecco perché gli Avatar, a volte anche  alcune persone particolari, possono vedere il presente, il passato ed il futuro di ciascuno di noi.

Quando un bambino è piccolo può succedere che la mamma, per farlo star buono, gli dica: “Guarda che se fai il monello, viene il lupo a mangiarti!”… o altre minacce del genere.

L’idea dell’inferno con tanto di “ fiamme che ci bruciacchiano i peli”, è stato un espediente per dissuadere le anime più fragili e meno evolute a peccare.

Purtroppo questo concetto spesso si è trasformato in “paura di Dio”, più che timore per il peccato.

Dio, che è Dolcezza Infinita, che ha per noi l’Amore di mille madri, viene visto come un “Vecchio con la barba lunga e bianca” che sta sopra una nuvola, che ci guarda minaccioso, pronto a punirci in maniera disumana al primo sgarro!

E’ terribile questo concetto di Dio! Chi ama una persona di sicuro non la teme; e chi teme una persona di sicuro non la ama.

La paura è il contrario dell’Amore. Come possiamo costruire un rapporto d’Amore intimo con Dio se lo percepiamo lontano, trascendente e, per di più, punitivo?

Le anime già evolute non hanno bisogno di alcuna minaccia per fare il bene che è la loro stessa natura. L’amore e la compassione sono il  corredo naturale di queste anime e mai si sognerebbero di nuocere ( almeno consapevolmente) ad un’altra manifestazione di Dio.

La “scuola materna” è adatta per i bambini di quell’età. Ma è un grande peccato voler ostinatamente rimanerci. Crescere , è vero, a volte è faticoso perché significa dover cambiare molte abitudini che ci bloccano nel nostro percorso evolutivo; ma è l’unico modo per ottenere la liberazione dal dolore.

Tutta la sofferenza umana deriva dall’identificazione con il corpo.

Noi non siamo il nostro corpo, non siamo la nostra mente, né le nostre emozioni: noi siamo il Sé Divino, lo Spirito immortale, che fa un percorso di autoconsapevolezza attraverso innumerevoli vite.

Tutti i fiori sbocciano, prima o poi; ognuno ha il suo momento. Anche colui che ci sembra il peggiore degli uomini, in un’altra vita raggiungerà la Meta. Tutto l’Universo è governato dalle stesse leggi, nessun individuo è a sé stante, nessuno fa eccezione. Ricordiamoci sempre l’insegnamento delle più antiche sacre scritture della terra (i Veda) e di tutti i Maestri spirituali: “Esiste solo l’Uno che si è diviso nei molti, prendendo nomi e forme diverse, ma tutte queste forme ritornano all’Uno. In sanscrito questo concetto si chiama Advaita, ed è riassunto da Sai Baba con questa frase: “Tutto è Uno, Tutto è Dio”.

 Cos’è, dunque, l’inferno? Chi vive nella propria mente e nei propri sentimenti un vero e proprio inferno in questa stessa vita, quando lascia il corpo fisico sperimenta anche nell’altra dimensione tutto il disagio che già vive qui. Questa è comunque una situazione provvisoria.

L’anima che in questa vita non ha raggiunto ciò che si era prefissata di raggiungere, che ha recato molto dolore ai suoi simili o ai suoi fratelli animali, che era abituata a nutrire brutti pensieri e brutti sentimenti, che non ha rispettato le leggi divine, che ha abusato dei propri sensi senza darsi un limite, ecc., dopo la morte soffre, rivedendo come un film tutti i suoi errori, ma soprattutto per ciò che non ha concluso.  In più vive in uno stato di inquietudine e di sofferenza anche per i desideri non ancora soddisfatti e gli attaccamenti ai beni fisici e alle persone.

Ad ogni modo questa sarà una situazione di passaggio, finché si staccherà dalle sensazioni ed emozioni terrene, ascendendo ad un piano più elevato. Dopodiché si reincarnerà. Allora vivrà qui, sulla terra, il suo purgatorio o il suo inferno, in base alla durezza delle prove che lo attendono e che egli stesso decide di sperimentare per raggiungere un certo grado evolutivo.

Le anime che lasciano il corpo fisico ( come si abbandona un vecchio cappotto) vanno in diverse dimensioni; ognuna nella dimensione adatta al proprio livello spirituale di consapevolezza.

Ad ogni modo Sai Baba ha detto che le anime che si sono amate in vita si ritrovano anche nell’altra dimensione, comprese quelle meno evolute dei nostri fratellini minori: gli animali che in vita ci hanno amato. Questo perché l’amore è un potente collante che supera, a quanto pare, le barriere dimensionali.

Il paradiso

Un’anima che ha molti crediti (meriti) al suo attivo, ma che non ha ancora raggiunto un totale livello di purezza , che non ha ancora raggiunto la Realizzazione del Sé, dopo il trapasso va direttamente in una dimensione che noi possiamo definire paradiso per il benessere e la beatitudine che prova.

Ma dovrà , con nostalgia, lasciare quella dimensione e reincarnarsi, quando avrà esaurito i “bonus”.

Immaginiamo che egli sia in un bellissimo albergo, ma quando avrà finito i soldi sarà costretto ad andarsene, a tornare quaggiù; a volte anche per pochi giorni o pochi anni, come nel caso di  alcuni di coloro che muoiono da bambini o da giovani , proprio perché erano anime quasi perfette : degli angeli caduti dal cielo.

Queste anime evolute non vedono l’ora di tornare alla Perfezione, alla fusione con Dio, a quel Paradiso che i Veda chiamano Brahma Loka (la casa del Padre, la Salvezza) e  dal quale non occorre più distaccarsi, dal quale non sono più costrette a reincarnarsi (liberazione dal ciclo nascita-morte), a meno che lo decidano esse stesse per aiutare l’umanità a raggiungere le loro stesse altezze divine. Quelle anime, essendosi fuse in Dio, sono in verità Dio Stesso.

Questo è il concetto di Cristo,  ovvero dell’Avatar, che rinasce senza legami Karmici, Puro e Perfetto, solo ed unicamente per Amore, e senza concepimento umano.

 Nel Brahma Loka le anime conservano per un po’ la coscienza individuale, ma dopo un certo periodo di tempo vanno nel Go Loka, dove non c’è più distinzione fra l’anima individuale e Dio, perché “la goccia è tornata a fondersi nel Mare”.

 

Sai Baba ha detto (come si legge anche nelle antiche sacre scritture indiane) che una persona che al momento del decesso pensa a Dio, non rinasce più perché raggiunge la Meta Suprema. Ad ogni modo, chi muore pensando a Dio, è perché nella sua vita era abituato al pensiero costante su Dio.

Sai Baba racconta una storiella : “Un mercante indiano che aveva un negozio, decise di dare ai propri figli i nomi di alcune Divinità: Krisna, Rama, Isvara, ecc. pensando che così, al momento del trapasso, chiamando per nome i propri figli, avrebbe ricordato Dio.

Così successe, ma all’ultimo momento, quando tutti i figli furono al suo capezzale, esclamò:  “ Ora che siete tutti qui, chi penserà al negozio?”.

Questa storiella ci fa capire che se la preoccupazione principale di tutta la vita di una persona sono gli affari e i beni materiali, a quelli penserà anche all’ultimo momento. In più ci insegna che nessuno può “gabbare” Dio.

L’abitudine al Namasmarana (ripetizione del Nome di Dio), oltre a purificare la nostra mente, ci prepara a fare il “grande balzo” quando, con un inchino ed un ringraziamento, lasceremo questa dimensione. Immaginiamo un secchio di acqua sporca nel quale continuano a cadere gocce di acqua pulita: alla fine resterà nel secchio solo l’acqua pulita. Questo è il potere del Namasmarana! Non serve sapere di cosa è sporca l’acqua (tutte le impurità della nostra mente, sia cosciente, sia inconscia), ci purifichiamo e ci liberiamo dal nostro passato con questa semplicissima pratica!

Il Maestro ci ha sempre invitati a ripetere il più possibile in Nome di Dio (quello che ci fa più piacere), definendo questa pratica  un mezzo semplice ed efficace per avere sempre il pensiero rivolto a Dio. Con questa abitudine anche l’ultimo pensiero si focalizzerà su ciò che ci è stato più caro: il nostro Amico Dio; così in  Lui ci fonderemo.

.Swami ha promesso che ai devoti e ai famigliari dei devoti darà il darshan (la Sua Visione) al momento della morte, proprio per portarli con Lui nel Brahma Loka.

Quando un Avatar giunge sulla terra, è come un’astronave che spalanca le porte: chi vuole può salirvi, anche coloro che, in teoria, “non avrebbero il biglietto”.

Il desiderio intenso di Dio può farci conquistare la Sua Grazia e darci l’opportunità di “salire sull’astronave”, di utilizzare questo Meraviglioso e Veloce Mezzo di Liberazione, sceso per noi soltanto per Amore!

Voglio concludere questo capitolo con una poesia che scrissi quando, ancora molto malata, i miei figli erano  piccoli.

E’ una sorta di testamento spirituale lasciato per loro, che già ho inserito nel primo libro che ho scritto, ma che qui riporto perché attinente al tema del capitolo:

 

SOLO MUSICA SI SENTIRA’

Un giorno da questa scena io me ne andrò,

ma voi non piangerete

perché saprete con Chi sarò.

Quel giorno solo musica si sentirà:

canti d’amore, di gioia e di lode

per Colui che in braccio mi prenderà.

Questo corpo come un palloncino colorato si romperà

e l’aria in esso contenuta

all’Universo intero si riunirà.

Non più prigione né catene

per quest’Anima Immortale.

“Essere, Coscienza e Beatitudine”:

solo questo è

 e a questo vuol tornare.

La vita vi prepara, figli miei, a quel giorno

come vi prepara ad aspettar sereni il vostro giorno.

Non piangerete per ego.

No! Non piangerete!

Voi stessi basterete sempre a voi stessi,

siatene certi, non temete!

Non piangerete per me.

No! Non piangerete!

Perché saprete che sarò nella gioia,

e della mia gioia, per amore, voi gioirete.

Ricordatevi che fra noi non ci sarà mai separazione,

come non c’è mai stata, fin dall’inizio di ogni eone.

Seguite sempre il sentiero che il Maestro vi ha indicato.

Verità, Rettitudine, Pace, Amore e Non violenza:

questo, solo questo vi ha insegnato!

Che la vostra vita sia sempre e solo il Suo messaggio;

da questa allora avrete ogni felicità, ogni vantaggio.

Il Dharma (retto agire) protegge sempre chi lo sa rispettare;

restate quindi sempre in esso,

come il pesce non esce dal mare.

Ricordate sempre che voi siete Lui.

Camminate quindi a testa alta

ed amate! Amate! Amate come fa Lui!

L’Era dell’Oro sta arrivando in tutto il suo splendore:

contribuite anche voi a far tornare la luce in ogni cuore!

Cos’altro dirvi, figli miei?…

Sappiatevi sempre accontentare

di ciò che la vita vi dona sempre con amore.

Allora

Niente tristezza! Né paura! Né spavento!

Abbiate sempre forza, saggezza, fede

e il cuor contento!

Amate solo per il piacer di amare;

donate solo per il piacer di dare;

non aspettatevi nulla in cambio;

non dite “io” e “mio”

e avrete sempre la Grazia di Dio!

 

La vostra Mamma

Written by amaeguarisci in: Articoli |

2 Comments

  • Mi viene in mente un detto molto, molto cinico:
    “puoi chiamarlo Dio, Budda, Geova, Allah,…. chiamalo con il nome che preferisci, tanto non ti risponde!”

    Commento | Gennaio 4, 2015
  • amaeguarisci

    Caro Marco, grazie di cuore…sì, ci saremo con Prema Sai!

    Commento | Marzo 7, 2015

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