Mag
17
2014

SAI BABA RACCONTA LA SUA INFANZIA: RAMESH E SURESH

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Ciao fratelli!  Oggi riporto un racconto fatto direttamente da Sathya Sai Baba sulla Sua infanzia , in data 11.9.1998. Ci sembra di rileggere i leela (giochi Divini)  del Piccolo Krisna, ma questo racconto ha una fine molto commovente.

Ricordo ancora una volta che fra i nove sentieri della devozione al primo posto vi è proprio l’ascolto delle storie Divine.

Buona lettura!

 

Adesso vi racconterò alcuni aneddoti personali. Quando mi trovavo a UravaKonda , nel corpo di un alunno di prima elementare, bisognava passare un esame chiamato E.S.L.C. Eravamo tre bambini seduti nello stesso banco: al centro c’ero io, gli altri due stavano seduti, uno alla mia destra e l’altro alla mia sinistra. Si chiamavano Ramesh e Suresh, ed erano dei gran tontoloni! (Risate). Avvicinandosi il tempo dell’esame,cominciarono a corrermi dietro, implorandomi: “ Sathya, noi non riusciamo a studiare senza di Te: in un modo o nell’altro devi trovare il modo di aiutarci all’esame.” Poiché io non direi mai “No” a qualcuno che mi chiedesse qualcosa, decisi di aiutarli. Così risposi loro: “Va bene, lo farò.”

Il giorno prima dell’esame rivelai loro le sei domande che sarebbero state poste all’esame, accompagnate dalle relative risposte. Ci presentammo all’esame. L’ESLC era un esame pubblico: come numero di registrazione avevo il 6; Suresh e Ramesh avevano, l’uno il 60, l’altro il 600. Potete farvi da soli un’idea di quanto i nostri posti – 6,60,600 – si trovassero distanti fra loro; di conseguenza, anche volendo, non era possibile nemmeno copiare. Impossibile! I ragazzi a quel punto si diedero per vinti: “Noi ci ritiriamo!”, dissero. Ma io li esortai: “No! Voi dovete presentarvi all’esame, qualunque sia il risultato che ne verrà! Non abbattetevi, non dovete scappare dopo un anno intero di studio; se lo fate, commettete un grosso errore. Abbiate un’incrollabile fede in Me: ci penserò Io”. E feci loro questa promessa.

Non c’è niente di male se per una buona causa si fa ciò che normalmente si suppone disdicevole.

Il tempo concesso per l’esame era di due ore, ma io risposi a tutte le domande in soli cinque minuti. Poiché i fogli dell’esame erano forniti dalla commissione, quand’ebbi finito di rispondere a tutte le domande, chiesi all’assistente di poter avere altri fogli. Avuti che li ebbi, riscrissi un’altra volta tutte le risposte, imitando la grafia di Ramesh. In fondo al foglio firmai Ramesh. Poi chiesi altri fogli, trascrissi nuovamente domande e risposte, questa volta con la grafia di Suresh, e poi firmai con il suo nome: Suresh.

I loro fogli, dunque, li avevo io; avevo già precedentemente avvertito i due bambini di non alzarsi dal banco finché non mi fossi alzato io. Scaduto il tempo, al termine delle due ore, suonò la campanella e gli esaminatori chiesero: “Fogli, fogli, fogli, fogli…(Risate). Si alzarono tutti e anch’io andai a riporre tutti e tre i fogli sulla cattedra. Gli altri due bambini si alzarono anch’essi e lasciarono l’aula. Non ci fu nessuna obbiezione da parte di nessuno, nessun ostacolo.

I risultati vennero annunciati dopo dieci giorni: tutti e tre promossi alla prima media! (Scroscio di applausi). I Maestri, stupiti, si domandarono se avessero copiato, ma era un sospetto che non prendevano in considerazione dati i posti così distanti che avevano loro destinato. Allora lo chiesero direttamente a Ramesh e Suresh: “Come avete fatto a rispondere così bene alle domande?”. Ed essi: “Abbiamo risposto, ma ora non ricordiamo che cosa abbiamo scritto!”. (Tutti ridono, Swami compreso).

Non c’era motivo di sospettarli, da me non potevano aver copiato, lontani com’erano; i tre compiti avevano tre grafie diverse, ognuno in quella propria dell’esaminando; perciò, come avrebbero potuto dubitare di noi? Impossibile,

Ecco che cosa vi dico: Io non vi tradirò mai se avete piena fede in Me! (Applausi). C’è un’alta percentuale di gente che rovina se stessa per mancanza di fede, mentre chi ha fede in Dio non conosce rovina. Milioni di persone si sono perdute perdendo la fede, ma nessuno è mai andato in rovina a causa della fede. La fede non vi distruggerà mai! Ci possono essere dei dubbi, degli alti e bassi, ma alla fine la vittoria arriderà.

Dopo questo episodio feci ritorno a Puttapharti. Perché? Molti cambiamenti si erano verificati a Uravakonda; per questa ragione smisi di frequentare la scuola. Allora tutti gli insegnanti e i ragazzi incominciarono a venirmi  a trovare là dove abitavo (A Uravaconda, presso il fratello e altri parenti) e io donavo loro ciò che a loro piaceva di più. La cosa non fu tollerata dai proprietari della casa, i quali scrissero un telegramma ai miei genitori: “E’ meglio che veniate a riprendervi vostro figlio”.

Presi la corriera per Puttaparthi, ma quando vi salii , trovai tutti i ragazzi che vi erano saliti prima di me! Io dissi loro: “Non potete seguirmi fino a Puttaparthi”. Infatti la corriera sarebbe passata per Penukonda e Dharmavaram, dove non c’erano strade appropriate. Dov’erano le strade sessant’anni fa? Perciò dissi loro di non seguirmi.

Quando ancora frequentavo la scuola c’era una predella dalla quale ogni mattina dirigevo le preghiere; intonavo un canto per il bene della scuola, richiamandomi ai principi dell’unità e della pace e sottolineando l’unione di tutte le religioni. (Swami recita la preghjera in telugu, la quale, però, non viene tradotta in inglese dal traduttore).

Tutti, insegnanti compresi pregavano con gioia insieme a me. Quando lasciai la scuola e tornai a Puttaparthi, non ci fu più nessuno che dirigesse le preghiere.

A uno scolaro mussulmano, Abdul Gaffur, che era intonato e aveva una bella voce, venne chiesto di sostituirmi; ma, appena salì sulla predella, iniziò a singhiozzare e tutti piansero con lui dicendo: “Questa mattina non abbiamo voglia di pregare!”.

Intanto, quando partii per Puttaparthi, Ramesh e Suresh non poterono sopportare la separazione da Me. Non ci si dovrebbe comportare così, ma Ramesh, invece, si mise ad urlare: “Raju, Raju, Raju, Raju (Cognome di Sai Baba) ci hai lasciato, ci hai lasciato! Senza di Te non posso vivere”. Cadde in un pozzo e morì. L’altro ragazzo continuava a ripetere incessantemente: “ O Raju, Raju, Raju, Raju” e impazzì. Fu ricoverato all’ospedale psichiatrico di Bangalore. Suo padre venne da Me e Mi pregò: “Swami, è il mio unico figlio, ed è Tuo compagno di scuola: dagli il darshan (Visione) solo per un’altra volta!”.

Così andai a Bangalore e lo vidi; il ragazzo stava ancora gridando : “Raju, Raju, Raju, Raju…” Gli dissi: “Suresh, Raju è qui. Guardami!” Sentendo così alzò la testa, mi guardò per l’ultima volta e poi chiuse gli occhi per sempre.

Ramesh e Suresh sono tornati come Jack e Jill! (Applausi).

Nel Patha Mandir (Quello che attualmente viene chiamato Vecchio Mandir) c’erano questi due cuccioli (di cane), Jack e Jill: uno era abituato a dormire ai Miei piedi e l’altro vicino alla Mia testa. Ho dato io quei nomi a loro. Non dormivano mai la notte; abbaiavano a chiunque vedessero passare. Stavano sempre con Me e sono cresciuti in Mia Compagnia.

Un giorno venne qui la regina di Mysore; era venuta in macchina fino a Karnatakapalli, per poi fare a piedi l’ultimo tratto di strada. Venne al Patha Mandir. Terminata la cena, l’autista della regina si stava preparando a tornare a Karnatakapalli. Io dissi a Jack: “Jack, accompagnalo e mostragli la strada”. Così Jack si incamminò davanti all’autista, il quale rimase sorpreso, chiedendosi come potesse un cane mostrargli la via. Gli risposi: “Non è un cane (dog) che ti sta mostrando la via, ma Dio (God) che sta dentro di lui. Dog è quello che vedi fuori, God è quello che c’è dentro”. (Applausi).

Tanto intensa fu la loro fede in Swami, che la conservarono persino dopo la loro morte!

La mattina seguente, l’autista salì in macchina per avviarla, dimenticandosi che Jack stava dormendo accoccolato sotto.

La macchina partì e passò con una ruota sulla schiena del cane, spezzandogli la spina dorsale. Jack si mise a urlare dal dolore e riuscì a trascinarsi lungo il letto del fiume. Là, presso il Chitravati c’era un lavandaio di nome Subbanna, persona rispettabile, il quale venne di corsa da Me dicendomi: “Swami, Jack sta venendo qui piangendo”. Uscii e mi avvicinai al cane: piangeva disperatamente e mi venne vicino, vicino, sempre più vicino. Quando arrivò da Me, si lasciò andare ai Miei Piedi ed esalò l’ultimo respiro.

Dopo tre giorni morì anche Jill. La pianta di tulsi che vedete dietro il Vecchio Mandir, è la tomba di questi due cani: Jack e Jill, che prima furono Ramesh e Suresh, i miei compagni di classe con i quali condividevo lo stesso banco.

(Tratto dal Discorso di Sathya Sai baba dell’11.9.1998, pubblicato su “Mother Sai”n.4, anno 2000, pagg. 39-41).

 

 

Written by amaeguarisci in: Articoli |

4 Comments

  • Diodoro

    ITALIA CARISSIMA , QUESTO RACCONTO NON L’AVEVO MAI LETTO ,SAPEVO UN PO’ DEI SUOI VICINI DI BANCO ,MA TUTTA LA STORIA É STRABILIANTE,BELLISSIMA,SPERO CHE TUTTI LA LEGGANO. GRAZIE DI VERO <3

    Commento | Maggio 21, 2014
  • amaeguarisci

    Grazie Diodoro! Apprezzo sempre le tue amorevoli parole. Un abbraccio nell’amore di Sai

    Commento | Maggio 22, 2014
  • roberta

    bellissimo e commovente racconto <3

    Commento | Maggio 22, 2014
  • oghi giorno mi fai scoprire Baba, una storia molto bella e commovente bellissima, grazie un bacio <3 <3 <3

    Commento | Novembre 30, 2014

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