Mag
14
2014

LA SCOPERTA DELL’ENERGIA

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CARI AMICI, oggi propongo un capitolo tratto dal mio libro: “Il mio risveglio” (Seconda edizione CreateSpace – acquistabile su Amazon). C’è tutto un mondo meraviglioso da scoprire. Buona lettura!

 

Cercate nell’invisibile le basi del visibile;

il grattacielo ha la sua base nelle profondità

del terreno, e questo mondo visibile

ha come base l’invisibile Spirito dell’Universo.

Baba

 

Passando molto tempo sotto gli alberi mi si era aperto un mondo con il quale, prima, non ero in contatto, anzi sarebbe meglio dire, con il quale non mi rendevo conto di essere in contatto.

Sentivo le vibrazioni dell’albero, della terra, del vento. Quando coscientemente mi mettevo in sintonia con un’energia, di fatto di essa mi nutrivo, il respiro si faceva molto leggero e lento, ponendomi in una condizione spesso molto vicina all’apnea, quasi non avessi più bisogno di ossigeno.

Mettermi in sintonia significava, ad esempio, guardare la montagna di roccia; in quel momento la mia attenzione, come il selettore di una radio, era focalizzata su quel “programma” ed io, di fatto, percepivo la forza che quella roccia magnetica emanava. Se coscientemente chiudevo gli occhi ed ascoltavo con attenzione il rumore del vento, oppure appoggiavo le palme delle mani per terra, immediatamente il mio respiro calava, quasi fino a sparire del tutto. La stessa cosa succedeva se, rilassandomi profondamente, cercavo di mettermi in contatto con il mio Sé, cioè la Divinità che è dentro di me.

Questi nuovi esperimenti fugavano le mie paure degli improvvisi cali energetici: come potevo rimanere senza energia, quando io stessa ero fonte di energia e quando tutto intorno a me vibrava?

Guardavo con amore l’albero sotto il quale ero sdraiata, ne ammiravo la bellezza, appoggiavo la mano sul suo tronco e subito percepivo la sua forza. Dopo qualche secondo, mentre il respiro diventava quasi impercettibile, sentivo un calore provenire dal tronco, e se staccavo la mano e la tenevo a cinque o dieci centimetri di distanza, potevo percepire quel flusso di calore che continuava ad uscire per qualche secondo, come da un piccolo phon. A volte appoggiavo la mano sinistra sul tronco dell’albero e la destra sulla testa e, se inizialmente dovevo tenere la mano in quella posizione con un atto volontario, utilizzando la forza dei muscoli del braccio, mi accorsi ben presto che potevo anche addormentarmi, ma la mano non si staccava! Infatti, il passaggio del flusso di energia dal tronco dell’albero alla mia testa, faceva sì che la mia mano vi rimanesse quasi incollata senza che dovessi utilizzare la forza muscolare per tenerla in quella posizione. Il mio corpo diventava un conduttore elettrico e, finché non toglievo la “spina dalla presa”, si alimentava con quella batteria. Era sorprendente!

Ma la stessa cosa succedeva, come ho già detto, se in perfetto silenzio sprofondavo nella mia Luce.

Se inizialmente avevo bisogno di cercare sicurezza all’esterno, più il tempo passava, più diventavo consapevole della “centrale elettrica” che era in me. Mi bastava allora chiudere gli occhi in profondo rilassamento per vedere affiorare la mia luce interiore, come una stella luminosa, in mezzo alle sopracciglia.

Poi mentalmente facevo scivolare questa luce nelle varie parti del corpo affinché venissero, da questa, purificate ed energizzate.

Nei miei lunghi mesi di convalescenza, restando molto tempo col naso all’insù sotto gli alberi, in stato di rilassamento, incominciai a vedere l’aura delle piante, delle rondini in volo, del tetto di una casa… ecc.. Ogni cosa emanava luce ed in modo differente. Delle rondini, ad esempio, vedevo tre aure: una che usciva dal corpo di pochi centimetri, una di 20 o 30 centimetri di diametro, ed una di più di un metro di diametro. A volte la rondine si alzava così in alto che con i miei occhi miopi, nonostante gli occhiali, non vedevo più il puntino nero contro il cielo blu, ma continuavo a vedere la sua aura più grande, come un cerchio di azzurro più chiaro in mezzo al cielo, e potevo quindi continuare a seguirne i movimenti in questo modo.

Mi accorgevo che ogni albero aveva la sua aura, ma che un boschetto intero ne aveva una unica e più grande. Allo stesso modo, capivo quindi, l’aura di un quartiere o di una intera città; comprendevo anche perché, passando ad esempio in autostrada, vicino ad un grosso centro urbano, il mio corpo soffriva, come avvolto da una nebbia di inquietudine, di tristezza, di nervosismo che entrava in me e che, come era arrivata, così si dileguava non appena la strada si snodava fra colline alberate e campi fioriti.

Vedevo dei fili di luce che legavano un albero all’altro e mi rendevo conto che stando lì, in mezzo a loro, anch’io entravo a far parte del loro gioco di intrecci di luce; c’era uno scambio d’amore fra noi, che si poteva anche vedere con gli occhi!

Una sera d’inverno, all’imbrunire andai nel boschetto di robinie vicino a casa. Mi appoggiai ad un tronco per una preghiera e rimasi ad ascoltare il silenzio.

Incominciai a notare che tutt’intorno ai tronchi ed ai rami, c’era una luce multicolore. A volte era blu, a volte arancione, poi verde, rosa, giallo, viola. Quegli alberi spogli, quei tronchi neri, celavano tutti i colori dell’arcobaleno! Ma soltanto se lo sguardo si posava leggero, quasi perso nell’orizzonte, nel profondo rilassamento, questo mondo multicolore e luminoso si schiudeva ai miei occhi. Se invece volevo vedere a tutti i costi, con intenzione, non vedevo niente, perché utilizzavo i miei sensi normali, quelli programmati per una percezione esteriore delle cose. Quando nulla chiedevo e mi lasciavo andare in una condizione di pace e di amore, l’invisibile diventava visibile.

Fin da bambina avevo notato, guardando il cielo quando questo era di colore uniforme, che la natura mi donava lo spettacolo di una danza straordinaria: innumerevoli puntini luminosi guizzavano, si rincorrevano come tanti piccoli spermatozoi. A volte si aggregavano in una luce più grande e sparivano in questa. Seguivano un proprio ritmo, un’armonia.

Avevo sempre creduto che si trattasse di minuscoli insetti, quasi microbi, che danzavano come fanno i moscerini in uno spiraglio di sole, prima del tramonto, per esprimere la loro gioia per un ultimo regalo di calore prima di affrontare il gelo della notte o, forse, prima di lasciare quel loro minuscolo corpicino e riunirsi al tutto.

Parlai con Angelo dei puntini luminosi che avevo sempre visto e mi spiegò che si trattava del prana, l’energia cosmica intelligente nella fase precedente la materializzazione, e mi assicurò che erano in molti a vederla.

Vidi in seguito come, a ritmo di musica, il prana si muova in veri e propri balletti armoniosi.

Una sera ascoltando la musica al buio, dopo aver raggiunto quello stadio di calma mentale che mi aveva già aperto, in altre occasioni, le finestre per accedere al mondo invisibile, incominciai a vedere un fascio di luce che si muoveva a ritmo di musica: infatti… era proprio la musica!

Che bella scoperta! La musica è luce danzante! Ora capivo appieno la validità della “musico-terapia”, di cui Angelo ci aveva parlato e che ci suggeriva. Si tratta di far entrare coscientemente e con attenzione, l’energia della musica nel corpo, chiedendole di portare armonia là dove ci sia disarmonia, di sciogliere tensioni e blocchi energetici, di risvegliare zone “sonnacchiose”… ecc..

Ora non solo ascoltavo la musica, ma la vedevo anche!

Incominciai a voler studiare meglio la mia aura. Mi mettevo in bagno vicino alla vasca e mi guardavo nello specchio di fronte. Dietro di me, le piastrelle bianche erano un buono sfondo.

Vidi per prima cosa l’aura fisica: che fuoriusciva di poco dal mio corpo. Poi vidi, come nelle rondini, un’altra aura che si espandeva per 20-50 centimetri dal contorno del corpo; non riuscivo a focalizzarla bene perché era in movimento.

Dal sommo della testa partiva un fascio di luce che andava diretto verso l’alto; lo specchio, pur essendo lontano, non riusciva a contenerlo tutto. Incominciai a capire l’importanza di una forma architettonica diversa da un basso soffitto, il quale taglia letteralmente questo fascio di luce. Mi resi conto della funzione che svolgono le cupole e gli archi; dell’importanza della forma di alcune chiese, e iniziai ad apprezzarla.

C’era una terza aura che mi sfuggiva, perché lo sfondo sul quale mi guardavo era troppo piccolo.

Provai una sera, in compagnia di Antonella, a ripetere l’esperimento. Ciascuna di noi vide la propria luce e quella dell’altra ed eravamo felici e stupite delle nostre scoperte, come accadde, forse, quando da piccole avevamo svelato il mistero dello specchio (avevamo capito che quello che ci vedevamo era il riflesso del nostro corpo).

Provai, sempre con Antonella, a massaggiarle la schiena, in penombra: vidi tutt’intorno alle mie mani una luce, che lasciava una scia là dove passava. Sembrava, come nelle favole, la scia luminosa lasciata da una fatina o da un elfo quando volavano nel bosco.

 

Dopo la mia “rinascita“ stavo prendendo coscienza delle capacità che abbiamo, ma che prima non riuscivo ad utilizzare coscientemente: ad esempio la telepatia, che si era notevolmente rafforzata.

Erano tanti gli episodi di telepatia dei quali mi accorgevo. Ad esempio, una mattina ero nello studio di Angelo e squillò il telefono; io prontamente esclamai: “E’ Zia Donatina!” Ed infatti era proprio lei!

Questi fenomeni, comunque, anche se in maniera meno evidente, si verificavano anche in precedenza; la novità consisteva nel sentire proprio sulla pelle, con le relative conseguenze positive o negative, i pensieri a me rivolti. Non solo avvertivo il tipo di vibrazione che mi investiva: ansia, tristezza, rabbia, amore, ottimismo… ecc., ma quando la trasmissione era molto intensa, visualizzavo il viso “dell’emittente”, ed a volte anche il luogo e le persone con cui si trovava.

Finalmente mi era chiaro quello che diceva Yogananda sul fatto che siamo tutti “radio rice-trasmittenti”. Sapevo che il nostro inconscio viene captato dall’inconscio degli altri, ma ora riuscivo a portare a livello cosciente molte sensazioni, sentivo e vedevo anche da lontano.

Ora capivo perfettamente perché Gesù esortava a non peccare in “pensieri”, prima di tutto, poi in parole, opere e omissioni. Capivo le parole di Yogananda sul potere immenso del pensiero e della voce.

Nella nostra società non siamo stati istruiti abbastanza sull’energia-pensiero: essa è velocissima, raggiunge una persona ovunque si trovi, è creativa o distruttiva, ma è, in ogni caso, potentissima. Con i nostri pensieri abbiamo la facoltà di guarirci, come di distruggerci ed allo stesso modo di aiutare o disturbare gli altri. Era chiaro, ora, come fosse indispensabile scoprire e debellare i pensieri negativi che continuano a girare nella nostra testa, come un vecchio disco inciso, i cui solchi diventano sempre più profondi, precludendoci un futuro di salute e di gioia.

Era assolutamente indispensabile ora, per me, cambiare  il “disco” e muovermi con un programma positivo e costruttivo.images (50)

Written by amaeguarisci in: Articoli |

2 Comments

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